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“Africa contesa”. La presentazione del libro di Enzo Nucci il 26 maggio a Roma e il 31 a Città della Pieve

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“Africa contesa” è il nuovo libro di Enzo Nucci, storico corrispondente Rai in Africa e membro del direttivo di Articolo21. Il suo libro sarà presentato domenica 26 maggio a Roma e venerdì 31 maggio a Città della Pieve (organizzata dal presidio locale di Articolo 21).
Di seguito potete trovare la prefazione di Pietro Veronese, inviato storico in Africa per “La Repubblica”, di cui è stato anche caporedattore esteri.

 

Il cambiamento è solo all’inizio

Pietro Veronese

È un’Africa nuova quella che si addentra nel terzo decennio del secolo. Non tanto perché sia cambiato quello che l’Africa è: la sua identità, cultura, ricchezza naturale e umana, la persistente crescita demografica, i molti suoi problemi – alcuni dei quali di sua esclusiva fattura, altri subiti. Quello che appare soprattutto cambiato è il suo modo di guardare sé stessa, di pensare il proprio ruolo in un contesto mutevole e multiforme, instabile, ricco di opportunità ma ancor più di pericoli. Cambia rapidamente il calcolo che essa fa di quello che può dare al resto del mondo, e di quello che può guadagnarne. È sempre l’Africa insomma, verrebbe da dire, ma un’Africa dalla mente nuova.

Va da sé, ma è opportuno ripeterlo, che la parola “Africa” è una convenzione. L’Africa è una somma di differenze, unificata soltanto dalla geografia e dallo sguardo che la osserva dall’esterno. Questa avvertenza, sempre valida quando si parla del continente, lo è ancor più forse nell’oggi di cui stiamo ragionando, nel quale logiche e interessi regionali, diseguaglianze economiche tra Paese e Paese, diversità di storie e relazioni internazionali passate, e diversità di emergenze presenti, differenziano fortemente discorsi e scelte dei governanti. Oltretutto, in questo primo quarto di ventunesimo secolo, attraverso l’epocale movimento migratorio di cui siamo testimoni, alla parola “Africa” si è aggiunta una nuova dimensione, una profondità di campo inedita, un moltiplicarsi di voci, perché oggi l’Africa è lì dove è sempre stata, ma è anche qui, in mezzo a noi, ampliando e avvicinando la prospettiva, l’eco, la cassa di risonanza di tutto quello che accade all’interno dei suoi confini. Una nuova carestia nel Sahel annuncia un accresciuto numero di sbarchi sulle coste europee; un’iniziativa diplomatica sudafricana altera gli schieramenti in corso in conflitti che si svolgono altrove; e così via.

Il libro di Enzo Nucci è pensato e scritto con la piena consapevolezza di questo divenire. L’autore, per la sua pluriennale esperienza di corrispondente RAI con base a Nairobi, è osservatore sensibile ed esperto di ciò che ogni giorno l’Africa ha portato e porta di nuovo, rinnovando con la sua attività professionale la validità del celebre detto di Plinio il Vecchio.

Nel salutare dunque la pubblicazione del libro, vengono in mente almeno tre osservazioni che la sua lettura suggerisce. La prima riguarda il cosiddetto “multi allineamento”, tema accennato fin dall’Introduzione dell’autore, cioè la fine di vecchie alleanze (europee e americane) in favore di altre, nuove e variegate (da tempo con la Cina, più recentemente con la Russia e altri). Questo cambiamento, destinato a lasciare tracce durevoli, è ricco di insegnamenti per tutte le parti coinvolte. Agli africani dà la misura che scegliere i propri amici è possibile, che i loro leader sono soggetti e non clienti, e che è giunto il momento di voltare liberamente pagina. Per gli europei, la Francia in primo luogo, è un invito a riflettere sui propri errori e – se ne saremo capaci – a voltare pagina anche noi.

Un dubbio appare però legittimo. Che la scelta degli amici sia nuova e nuovissima, è cosa evidente. Nulla garantisce, nulla promette tuttavia che sia nuova anche la natura delle relazioni bilaterali. Che l’atteggiamento di questi partner sia meno arrogante; l’apparente generosità meno sospetta; le finalità di rapina meno aggressive; o che l’indifferenza ai diritti umani sia per gli africani meno minacciosa dei benpensanti richiami al rispetto dei principi. Si vedrà; quel poco che si vede già adesso consiglia cautela. In ogni caso, male che vada, sarà ancora un’altra esperienza che consiglia ai leader del continente di fare di tutto per contare sulle proprie forze, piuttosto che su quelle di amici vecchi e nuovi, veri o presunti.

Il secondo punto è che il nuovo ordine, o disordine, continentale che si va disegnando sotto i nostri occhi – nuovi dirigenti, nuovi orientamenti, nuovi equilibri – non scardina soltanto lo status quo internazionale ma anche quello interno dell’Africa. I successivi colpi di Stato in tre Paesi del Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger) e la fuoriuscita concordata dei tre dall’organizzazione regionale Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, hanno messo quest’ultima in crisi, costringendola ad avviare una riflessione radicale su natura e finalità della propria esistenza. Anche il nuovo presidente senegalese, Bassirou Diomaye Faye, eletto a fine marzo 2024, è di questa opinione.

Poco meno complicata è la situazione dell’Unione africana, l’organizzazione continentale che troppe volte, in tempi recenti, ha rivelato la propria incapacità di affrontare e risolvere tensioni e conflitti locali. Il “multi allineamento” sembra insomma minacciare anche quel che resta del multilateralismo africano, annunciando – in nome di un necessario svecchiamento di istituzioni inefficienti – tempi poco rassicuranti, di oscura frammentazione.

La terza e ultima osservazione si colloca ai margini dell’ambito affrontato dalla trattazione di Nucci. Riguarda piuttosto la diaspora africana, o più in generale l’interesse crescente per la storia africana nelle università europee e nordamericane, e la consonanza che questi studi assumono con le recenti vicende del continente. Fioriscono, e si approfondiscono, le ricerche sul passato delle relazioni tra Europa ed Africa, in particolare sullo schiavismo, sui suoi orrori e la sua economia, temi a lungo elusi, o marginalizzati, dalla storiografia, così come sul colonialismo delle nazioni europee. Pubblicata, tradotta e letta diffusamente, accompagnata anche dal crescere di una narrativa alimentata da autori sia residenti in Africa che della diaspora, questa produzione culturale entra in risonanza con il pensiero di alcuni nuovi governanti africani, i quali sottopongono a una revisione fortemente critica la relazione Europa-Africa e dichiarano di rifarsi ai campioni del nazionalismo post-coloniale, a cominciare dal congolese Patrice Lumumba. Potrebbe essere questo un nuovo fronte di rinnovamento, più inafferrabile, più elusivo, ma potenzialmente più profondo e duraturo, nel quale tutti, non soltanto gli africani, troverebbero materia per cambiare la propria mente.

Ma intanto incominciamo dalla lettura delle pagine che seguono.


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