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Il 2023, l’anno delle regole sui diritti umani ignorate e di quelle che mancano

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Il Rapporto 2023-2024 di Amnesty International, appena pubblicato in Italia da Infinito Edizioni, presenta un quadro fosco sulla situazione dei diritti umani nel mondo: come se una macchina del tempo ci avesse riportato indietro di decenni e, insieme, ci avesse fatto intravedere un futuro distopico.
Mai come in questi due anni il sistema internazionale di protezione dei diritti umani, nato dopo la Seconda guerra mondiale con l’obiettivo di evitare altre sofferenze alle popolazioni civili, è collassato. La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, il conflitto in Medio Oriente e quelli, meno noti, in Asia e in Africa hanno fatto registrare una sequenza infinita di crimini di atrocità: attacchi diretti contro zone a fitta densità abitativa, attacchi mirati contro infrastrutture civili fondamentali, trasferimenti forzati di popolazione, uccisioni illegali di civili, cattura di ostaggi e loro prolungata detenzione.  Hanno contribuito a questo sfacelo anche l’inazione e i consueti doppi standard del Consiglio di sicurezza: gli Usa hanno bloccato per mesi risoluzioni per risolvere la crisi in Medio Oriente, proteggendo così Israele e pure continuando a fornirgli armi.
Quel futuro prossimo che abbiamo intravisto chiama in causa l’assenza di controlli e di regole sullo sviluppo sempre più impetuoso di nuove tecnologie: intelligenza artificiale generativa, sorveglianza di massa, raccolte illegali di dati biometrici, algoritmi settati per creare divisione e odio stanno prendendo il controllo delle nostre vite.
Tra i 155 stati di cui tratta il Rapporto 2023-2024 di Amnesty International non poteva mancare, né manca mai, l’Italia. Le principali criticità messe in evidenza dall’organizzazione per i diritti umani sono l’adozione di norme sempre più crudeli nei confronti delle persone migranti e richiedenti asilo e di coloro che stanno dalla loro parte; la conferma della tendenza a rivolgersi a stati terzi per gestire i flussi migratori; i tentativi palesi di annullare progressi di vecchia e nuova data, attraverso la proposta di gravi modifiche alla legge sulle armi e a quella sulla tortura; per l’appunto, nuovi casi di tortura nelle carceri; la criminalizzazione della protesta ambientalista; infine, il ricorso sempre più frequente alla forza eccessiva, sproporzionata e non necessaria contro manifestazioni in larga parte pacifiche.

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