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Caso Domani, i giornalisti: “Applicato un metodo eversivo”

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“A seguito di un’inchiesta che svelava un conflitto di interessi evidente che lo riguardava, il ministro della Difesa Guido Crosetto prima ha minacciato una querela poi ha cambiato idea, perché le notizie erano inconfutabili, e ha cercato di capire chi fossero i soggetti che avessero dato la notizia ai nostri cronisti. È stata aperta un’indagine e individuata una presunta fonte nonostante il Media Freedom Act. Sono stati indagati per il medesimo reato tutti i cronisti che avevano avuto contatti con queste fonti. Giovanni Tizian, Stefano Vergine e Nello Trocchia sono accusati di reato continuato e rischiano fino a nove anni di carcere“. Il direttore di Domani, Emiliano Fittipaldi, ha così sintetizzato la vicenda che vede coinvolti i tre cronisti del suo giornale nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede della Stampa estera a Roma mercoledì 24 aprile 2024.

“È successa – ha continuato Fittipaldi – una cosa grave nei rapporti tra politica, stampa e magistratura. Tutto ciò non è degno di un Paese che tiene alla divisione dei poteri e soprattutto alla libertà di stampa. Noi crediamo di aver fatto semplicemente il nostro lavoro. Il solo fatto che ci si è mossi per fare delle verifiche ci ha reso ‘istigatori del crimine’, ma è l’abc del giornalismo cercare la notizia. Se cercare una notizia diventa reato abbiamo un problema, ce l’hanno tutti i giornalisti che lavorano in questo Paese. Mi colpisce che la Commissione antimafia possa convocare il direttore di un giornale e fargli domande su come lavora il giornale, su quali sono le fonti. Siamo arrivati alla politica che interroga i giornalisti, nei Paesi normali accade il contrario. Ringrazio tutti i media italiani, europei, i sindacati e le organizzazioni che hanno firmato l’appello a difesa non tanto dei cronisti di Domani ma di un principio che dovrebbe riguardare tutti”.

Giovanni Tizian ha sottolineato come il giornalismo d’inchiesta sia “un tipo di giornalismo che non si accontenta di ciò che appare. Molte volte siamo stati costretti a difenderci, ma qui c’è un salto di qualità: quello che è stato applicato è un metodo eversivo, viola qualunque principio democratico. I cittadini hanno diritto a sapere ogni cosa su chi maneggia denaro pubblico. Se questo è un reato saremo colpevoli”.

Stefano Vergine ha aggiunto che “essere indagati vuol dire anche avere grosse difficoltà nel lavoro di tutti i giorni. Si distrugge la credibilità dei giornalisti protagonisti parlando di dossieraggio, si tenta di delegittimare tutto il nostro lavoro passato”.

Infine le parole di Nello Trocchia: “Quando l’indagine è stata svelata siamo stati bollati sui giornali come spioni e manipolatori, e ciò ha dato la stura a tanti soggetti di cui ci eravamo occupati in passato per poterci insultare. Ci eravamo abituati alle minacce dei clan, alle richieste di risarcimento, anche ai Carabineri in redazione, ma mai mi sarei aspettato questo punto rovinoso di caduta del nostro Paese”.
(Nella foto un momento della conferenza stampa di ieri)

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