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Liberazione: doppia festa in Sardegna

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In Sardegna la Festa della Liberazione assume quest’anno un valore doppio: la riaffermazione dell’antifascismo su cui è stata costruita la Costituzione della Repubblica Democratica dopo la sconfitta del nazifascismo; la prima vittoria delle forze democratiche e progressiste nell’Italia che da un anno e mezzo fa i conti con il governo di destra e con il suo rifiuto di definirsi antifascista.

Il 25 aprile ricade esattamente il secondo mese dalla vittoria del cosiddetto ‘Campo Largo’ alla elezioni regionali svoltesi il 25 febbraio. Una coalizione guidata da Alessandra Todde che non solo spazzò via il peggior governo regionale nella storia dell’autonomia sarda, ma seppe anche sconfiggere Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari, scelto direttamente da Giorgia Meloni per guidare il centro destra che a Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Udc, Dc di Rotondi, aggregava anche liste civiche.

La Festa della Liberazione diverrà quindi il momento più solenne per ritrovare l’orgoglio di schierarsi nettamente contro chi sta cercando di attaccare la democrazia per portarci verso la costruzione di uno Stato autoritario che non solo depotenzi il Parlamento, riduca drasticamente il ruolo e i compiti del Presidente della Repubblica, ma incida anche energicamente su una delle massime espressioni delle garanzie democratiche che è la libertà d’espressione, di opinione, di stampa per pilotarci tutti verso il pensiero unico.

Dopo i tanti segnali che si sono susseguiti fin dall’inizio del cammino del governo Meloni e della sua maggioranza, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata certamente il caso Scurati, il monologo previsto proprio per il 25 aprile nella trasmissione ‘Che sarà’ della Bortone e che è stato cancellato per la paura che gli italiani riflettano su una verità definita nelle ultime parole del suo intervento. Che sono queste: “Il grippo dirigente post-fascista, vinte le elezioni del 2022 aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando è costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compite con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola ‘antifascismo’ in occasione del 25 aprile 2023) (…) La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, di sinistra, di centro, di destra. Finché quella parola, ANTIFASCISMO, non sarà pronunciata da chi ci governa lo spettro del fascismo continuerà ad infestare la casa della democrazia italiana”.

Quella parola, noi di Articolo 21, così come certamente tutti i democratici che parteciperanno alle manifestazioni per la Liberazione, urleremo a voce sempre più alta finché non ci libereremo di questo fascismo strisciante che ormai non pensa più nemmeno a mimetizzarsi o nascondersi.


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