BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Con l’approvazione del Regolamento europeo sui media (EMFA) la procedura di nomina del CdA Rai è illegittima

0 0

È stato pubblicato il 17 aprile 2024, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, l’European Media Freedom Act (EMFA). Il Regolamento è in vigore in tutti gli ordinamenti dell’Unione a partire dal ventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione. Ciò significa che la norma europea è in vigore anche nell’ordinamento italiano e si affianca alle altre leggi nazionali di pari rango; pertanto, entra inevitabilmente in contrasto con le norme nazionali non conformi. Tra queste, i criteri di selezione del nuovo CdA della Rai.

Il Regolamento europeo è infatti una fonte autoapplicativa negli ordinamenti nazionali, non ha bisogno per essere operativa ed esecutiva di leggi nazionali di recepimento, attuazione o regolamentazione, ma, come recita lo stesso Regolamento europeo, è “obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”.

L’EMFA è un atto fondamentale e lungamente atteso non solo per la civiltà dell’informazione ma anche, in particolar modo, per il servizio pubblico audiovisivo.

L’EMFA stabilisce, infatti, nuovi criteri di selezione per la nomina dei componenti il Consiglio di Amministrazione della Rai, imponendo procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie. Si esige poi che la durata del mandato sia sufficiente a garantire l’effettiva indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico

Si chiarisce inoltre come gli Stati membri siano tenuti ad istituire garanzie giuridiche efficaci per il funzionamento indipendente dei fornitori di media di servizio pubblico in tutta l’Unione, senza che siano influenzati da interessi governativi, politici, economici o privati .

Infine si prevede che gli Stati membri adottino procedure di finanziamento basate su criteri trasparenti e oggettivi e stabiliti in anticipo, garantendo ai fornitori di media di servizio pubblico la disponibilità di risorse finanziarie adeguate sostenibili e prevedibili corrispondenti all’adempimento della loro missione ed alla capacità di sviluppo nell’ambito di questa, con salvaguardia dell’indipendenza editoriale.

Come è noto tali principi collidono frontalmente con gli attuali criteri stabiliti dal TUSMA per la nomina degli amministratori.

I criteri vigenti si basano, infatti, su principi opachi (basti pensare alla carenza assoluta della procedura di selezione pur prevista testualmente dalla legge); soggettivi (assenza di una commissione giudicatrice e di valutazioni basate su requisiti discrezionali come il prestigio, la notorietà, l’autorevolezza) e discriminatori (spesso non è dato comprendere il discrimine tra i candidati circa la competenza e il merito).

Quanto al canone è fin troppo recente la misura nella legge di bilancio che introduce la immotivata riduzione del canone e l’arbitraria attribuzione al Governo di una quota di finanziamento che ampia a dismisura il grado di discrezionalità del potere esecutivo sulla Rai.

Siamo quindi alla presenza di due mondi contrapposti: quello dell’EMFA, basato sui criteri della trasparenza, oggettività e non discriminazione e quello vigente, incline alla prevalenza della maggioranza e, di riflesso, del Governo.

Per chi ha a cuore le sorti della Rai e della sua natura di servizio pubblico, l’entrata in vigore del Regolamento europeo sulla libertà dei media è un’occasione d’oro per modificare le procedure e i criteri di nomina del CdA, in quanto la normativa europea è autoapplicativa e non ha alcun bisogno di essere recepita, attuata o regolamentata da un ulteriore atto dello Stato membro.

Senza tema di autodichia delle Camere (vedi recente sentenza Corte costituzionale n. 65/24) sarà possibile quindi rivolgersi al giudice affinché valuti i tempi e il grado di applicazione del Regolamento europeo, fidando sul fatto che l’EMFA impone principi di diritto e non disposizioni esecutive di diritto societario dettagliate, specifiche e particolari.

Questo per dire che i principi, una volta affermati, non hanno bisogno per essere accolti di tempi di applicazione procedimentale, specie quando, come è avvenuto nell’ordinamento italiano, la giurisprudenza della Corte costituzionale li aveva già anticipati persino con maggiore compiutezza, costantemente ignorata dal legislatore nazionale.

È fondamentale, ora più che mai, lottare per ristabilire l’indipendenza della Rai, essenziale per la sua legittimità e per la libertà d’informazione nel nostro Paese.

 


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21