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Contro Ilaria Salis candidata si sono scatenati gli indignati speciali: ecco chi sono

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Alleanza Verdi-Sinistra ha annunciato la candidatura di Ilaria Salis. Immediatamente sono partiti, dentro e fuori i social, gli insulti, gli ululati degli squadristi e dei loro compari al governo: “Vergogna, vergogna – hanno tuonato – non si può candidare una detenuta in attesa di giudizio…”. Neppure il più accanito “manettaro e giustizialista” avrebbe saputo fare e dire di meglio: all’improvviso hanno scoperto la “questione morale”, invocando pene esemplari e galera per tutte e per tutti. Di chi stiamo parlando? Chi sono questi indignati speciali? Sono i medesimi che hanno votato per Ruby nipote di Mubarak, Meloni compresa. Sono quelli che hanno “beatificato” Silvio Berlusconi, condannato per frode fiscale; gli altri reati se li sono cancellati a colpi di norme ad personam. Sono quelli che vogliono cancellare le sentenze sulla trattativa Stato mafia, e magari dedicare un francobollo anche a compare Dell’Utri.
Sono gli stessi che hanno ordinato di cancellare dai palinsesti della Rai il programma di Roberto Saviano sulle mafie. Sono quelli che hanno approvato le norme per cancellare ogni par condicio e hanno querelato Tomaso Montanari, Luciano Canfora, Donatella di Cesare, Davide Conti, Mario Natangelo, Giovanni Tizian, Nello Trocchia… Sono gli stessi che mandano gli ispettori a Bari, ma dimenticano di inviarli in Sicilia. Sono i mandanti dei manganelli contro gli studenti, e del tentativo di colpire a morte la legge 194, ripiombando l’Italia nel buio e nell’oscurantismo. L’elenco potrebbe continuare. Costoro, con questi curricula, hanno anche la spudoratezza di attaccare la candidatura di Ilaria Salis, detenuta nel carcere del loro amico Orban, trascinata in tribunale in catene, già condannata dal governo che ha “commissariato” i giudici. Lei in carcere, incatenata, i nazifascisti liberi di sfilare, ogni anno, in una nazione che ancora fa parte dell’Unione europea. Questo è il vero scandalo. Gli insulti di queste ore, per citare Luciano Canfora, sono la conferma che “il fascismo non è mai morto”.
(Da Il Fatto Quotidiano)


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