La sentenza della Cassazione che finalmente,dopo 33 anni, mette un punto certo nella vicenda della strage di Ustica, è solo l’inizio di un percorso che si spera possa finalmente rompere il muro di gomma che proprio sull’abbattimento del DC9 è stato codificato verificandolo nei processi durati anni ed anni. Quegli stessi processi,va ricordato, che si conclusero nel 2007 con un’altra sentenza della Corte di Cassazione che assolse i due generali dell’Aeronautica accusati di aver depistato le indagini e con la preclusione dei risarcimenti ai familiari delle vittime da parte dello Stato.
Ora la sentenza della Cassazione (sezione civile) ha deciso che comunque lo Stato italiano deve risarcire le vittime ricorrenti perché non è stato in grado di difendere i cittadini che viaggiavano a bordo di quel volo Itavia abbattuto la notte del 27 giugno 1980 : e dice qualcosa di più , cioè che quell’aereo fu abbattuto da un missile, non identificato. Quindi un oggetto militare sparato durante un’azione di guerra nei cieli italiani che la nostra Aeronautica, si può ormai dire con certezza, non è stata in grado di contrastare adeguatamente e che ha poi addirittura coperto.
Una prima certezza, vien da dire: certo, ma chi ha sparato quel missile? E come è possibile che i generali responsabili della nostra Aeronautica in quel periodo e successivamente, siano stati assolti dall’accusa di aver depistato le indagini? E quei buchi neri nelle indagini? I nastri delle basi militari italiane che hanno,guarda caso,presentano delle zone delle registrazioni cancellate proprio in concomitanza con i momenti dell’abbattimento del DC9? Da questa sentenza emerge che lo Stato è responsabile perché da Marsala a Ciampino, i nostri cieli furono terreno di battaglia aerea “straniera” ed i nostri militari non sono stati in grado di difendere i propri cittadini. Ma nessuna sentenza ci dice chi fu il responsabile di quelle 81 persone, chi sparò quel missile, chi e quali aerei militari si affrontarono quella notte quando il DC9, in ritardo ma segnalato e tracciato dai radar di Ciampino e dell’aviazione civile, attraversava il mar Tirreno alla normale velocità di crociera di circa 323 nodi ed alla quota di 7 630 m di altitudine, colpito alla fine da un missile evidentemente lanciato contro un altro aereo, magari militare, che forse si era fatto scudo del DC9,ignaro di quel che stava succedendo nei cieli dove stava volando.
Allora , se si vuole rompere il muro di gomma, si tolgano i segreti di Stato, si ottengano dalla Francia e dagli Stati Uniti i tracciati ed i rapporti operativi sui propri aerei in volo quella notte e dicano perché si siano alzati aerei militari francesi e statunitensi dalle proprie basi o portaerei. A chi davano la caccia? C’era un aereo libico in volo sui nostri cieli? Cosa si cercava? Un aereo con a bordo Gheddafi che qualcuno doveva abbattere? O un aereo da trasporto con materiale segreto ed armi che non doveva arrivare a destinazione? C’è stata una azione da guerra della quale i cittadini italiani, il governo e l’aeronautica militare italiana era all’oscuro,oppure c’era nei nostri alti comandi chi sapeva e per questo ha creato l’inverosimile catena pasticciata di distruzione delle prove che hanno impedito il raggiungimento della verità? Ed inoltre, se è vero, come è vero, che c’era una portaerei americana nei mari di fronte a Napoli, sede di una importante base militare della US Navy, è mai possibile che i satelliti americani non sorvegliassero il Mar Tirreno? Cosa hanno visto e perché non è possibile vedere quel che hanno visto e registrato?
E’ quindi necessario chiedere al prossimo Governo ed al nuovo Parlamento italiano che uscirà da queste elezioni un impegno forte,vero e politico, per ottenere dai governi stranieri quelle notizie che l’inchiesta del dottor Priore non è riuscito ad avere. Notizia su quelle operazioni nei cieli italiani del 27 giugno 1980 in grado di far riaprire l’inchiesta e dare verità e giustizia ai familiari delle vittime ed a tutti i cittadini italiani stanchi di segreti e bugie, di stragi senza colpevoli e di una sostanziale impunità di quei servitori dello Stato che hanno servito altri interessi.