BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

“I morti non parlano”, di Flavia Famà

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E’ stato presentato a Ponticelli, presso il “Centro Ciro Colonna”, dove operano i Maestri di strada e dove è attiva CucinapoliEst, il libro di Flavia Famà “I morti non parlano – la guerra infinita in Colombia”, edito da VME, Villaggio Maori Edizioni. Prefazione di Nando Dalla Chiesa, che è stato suo docente presso l’Università degli Studi di Milano, in un corso sugli “Scenari internazionali della criminalità organizzata”.

In mattinata c’era stato un incontro con gli studenti all’Istituto Marie Curie ed un altro, nel primo pomeriggio, presso la libreria UBIK di Via Benedetto Croce.

Ad introdurre è Pasquale Leone, referente provinciale di Libera e responsabile di “Terra di confine”, con Rosa Maglione.

Flavia Famà, di Catania, avvocata e figlia di Serafino, vittima innocente della mafia, collabora da sempre con il settore internazionale di Libera.

L’avevo conosciuta durante un viaggio in Argentina, con Tonio Dell’Olio, dove ebbi l’onore di incontrare e colloquiare con le Madres di Plaza de Majo.

Flavia ha continuato le sue peregrinazioni in America Latina ed ha raccolto, in particolare, le drammatiche testimonianze di familiari di desaparecidos e di militanti per la giustizia in Colombia, con la voglia di trasformare la memoria in impegno.
Ne legge alcune, accompagnate dalla chitarra di Gianluca Spirito.

Il libro presenta il quadro drammatico di una realtà spesso poco nota dove “Stato, esercito, partiti di estrema destra, paramilitari, servizi segreti hanno ingaggiato una guerra da decenni contro un solo nemico inerme: il popolo”.
Ed il paradosso, come evidenzia Nando Dalla Chiesa nella prefazione, è che vi si parla di un paese con una costituzione democratica, non di una dittatura militare, ma che non riesce ancora a dare concretezza agli accordi di pace proposti dal 2016.
Leggendo si avrà contezza di otto milioni di contadini “desplazados”, cacciati cioè dalle loro terre per mano di militari e paramilitari al fine di darle ai narcotrafficanti o alle multinazionali; di decine di migliaia di “desaparecidos”, fra oppositori, sindacalisti e difensori dei diritti umani. L’autrice racconta dei gruppi guerriglieri come le Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia-Ejército del pueblo (FARC-Ep) ma, d’altro canto, getta luce sulla nascita del paramilitarismo e sui cosiddetti “gruppi di autodifesa civile”, con il ruolo chiave avuto a suo tempo da Salvatore Mancuso Gomez, di origine italiana ma quasi sconosciuto nel nostro paese. Racconta delle cooperative di vigilanza e sicurezza privata, le cosiddette “Convivir”, finanziate dai privati, ma armate e coordinate da polizia ed esercito. E poi spiega dell’incredibile vicenda dei “falsos positivos”…vittime innocenti, rapite, torturate, uccise e travestite in modo da presentarle come esponenti della guerriglia. Venuta alla luce grazie proprio alla professionale curiosità di giornalisti, che, trovatisi per altre ragioni, nei pressi dell’Ufficio di medicina di Ocaña, si meravigliarono della presenza di tante donne con le foto dei propri figli in mano, le intervistarono scoprendo la verità.
Ricco di testimonianze, il libro offre un quadro storico generale della situazione colombiana, con riferimenti non solo al narcotraffico ed ai rapporti con la ‘Ndrangheta, ma alle gravi responsabilità di complicità e collusione di stati potenti a livello internazionale. Oppure come nel caso del commercio illegale di smeraldi, raccolti unicamente col lavoro forzato dei bambini negli anfratti rocciosi del paese…”La guerra verde”.
Ma dà conto anche delle mobilitazioni popolari, come lo sciopero generale del 2021 fino ai tentativi ancora attuali di dare corpo agli accordi di pace del 2016. Analizza le responsabilità dei presidenti che si sono succeduti fino ad Uribe e Duque.
Arricchito da un quadro normativo di riferimento e da ben 236 note bibliografiche, il libro si rivela uno strumento indispensabile per approfondire la conoscenza storica, ma anche guardare all’oggi. Non a caso presenti all’incontro c’erano i genitori di Mario Paciolla, Pino ed Anna Motta. La sua mamma, ha voluto leggere le parole che gli ha dedicato Emmanuel Rozental, medico e sociologo colombiano, attivista per i diritti umani del collettivo “Pueblo en Camino”: “Mario Paciolla rappresenta come pochi tutte quelle persone meravigliose con cui sentiamo un certo tipo di connessione, che viene dal cuore e dalla vita stessa. Che non credono nella nazionalità italiana, colombiana, francese, ma credono che la vita debba essere costruita prendendoci cura gli uni degli altri, costruendo alternative concrete di fronte a ciò che sta accadendo. L’omicidio di Mario, il poeta, ci dimostra cosa si nasconda dietro la perversità degli omicidi di leader sociali e nelle stragi di giovani. Mario è uno di noi. Aveva smesso di essere straniero; era diventato territorio, autonomia, pace. Per questo l’hanno ucciso, perché questo è quello che stanno uccidendo in Colombia”.

Ed allora aveva ragione ciò che proprio a Flavia aveva detto una testimone: “Questa lotta è in difesa dell’umanità intera, quindi anche tua”

Geppino Fiorenza, referente emerito di Libera Campania; pres. di AsCenDer


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