Se nei prossimi giorni il parlamento di Tel Aviv -la Knesset- approverà in modo definitivo la legge che conferisce la facoltà al governo di chiudere le voci ritenute pericolose per la sicurezza nazionale, l’emittente Al Jazeera verrà chiusa. Perché il sottotesto del provvedimento è chiaro.
Saremmo di fronte ad una vicenda clamorosa, perché la stazione con vocazione sovranazionale che ha sede in Qatar è un riferimento importante e pressoché unico per capire ciò che accade a Gaza.
La stazione all news ha pagato un contributo di sangue impressionante, dall’uccisione del figlio del responsabile al-Dahdou a diversi altri cronisti, unici a farci capire qualcosa che sta accadendo in quel quadrante di conflitto, dove la censura è imperante.
Se si realizzasse il desiderio autoritario di Benjamin Netanyahu, sarebbe sferrato un colpo mortale alla libertà di informare e di essere informati. E vi sarebbe la riprova di ciò che ha denunciato nel suo ultimo rapporto Francesca Albanese, la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, cui non per caso il governo israeliano ha vietato l’ingresso proprio nei territori.
Insomma, sono prove di pensiero unico e di repressione come normalità. Un brutale salto nel buio.
Ci auguriamo che la comunità internazionale dei giornalisti insorga contro la minaccia di chiusura di Al Jazeera. Non si può e non si deve abbassare la testa. Senza informazione non c’è democrazia.
Ci auguriamo pure che non si alzi ora il solito polverone: Articolo21 è contro Hamas, certamente; ma condanna senza se e senza ma il governo israeliano della guerra e dei bavagli.
Voltarsi dall’altra parte significa essere complici del Male.