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Luciana Esposito: “di nuovo in carcere il boss che mi ha minacciata”

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Nei giorni scorsi è stato trasferito in carcere, l’ex boss di Ponticelli e ormai ex collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno, al quale è stato revocato anche il programma di protezione, riservato proprio ai pentiti. Il camorrista aveva più volte gravemente minacciato la giornalista Luciana Esposito, che ci racconta la vicenda con una sua diretta testimonianza… La cronista, alla quale va la solidarietà di Articolo21, ha continuato a lavorare a testa alta dalle pagine del suo Napolitan, nonostante il momento difficile, denunciando Sarno e suoi affiliati nella riorganizzazione di business illeciti. 

di Luciana Esposito

Ero in viaggio verso la località balneare dove ho trascorso le vacanze estive quando, lo scorso agosto, ho ricevuto la prima, inquietante minaccia: “Vincenzo Sarno si sta organizzando per tornare a Ponticelli, ha detto che ti deve uccidere con le sue mani”.

Una doccia gelida che mi ha colto di sorpresa. Impossibile minimizzare quelle parole. Ad annunciare la volontà di uccidermi, stavolta, non era il ras del rione o lo spacciatore del quartiere, ma uno dei boss più spietati della storia camorristica di Ponticelli che insieme ai fratelli Ciro, Giuseppe, Pasquale e Luciano ha tenuto sotto scacco mezza Napoli e provincia per circa un trentennio.

Un cinico camorrista che ha decretato la morte di decine di persone, quando ha iniziato il suo percorso di collaborazione ha dichiarato di non essere in grado di quantificare il numero di omicidi che aveva compiuto. Cinquanta, forse anche di più, di alcuni non ricordava nemmeno i nomi.

Fu proprio lui ad uccidere Anna Sodano, la prima collaboratrice di giustizia della periferia orientale di Napoli, attirata in una trappola e convinta ad allontanarsi dalla località protetta per fare ritorno a Ponticelli. Il boss le aveva fatto credere che avrebbe ricevuto in dono una casa lontano da Napoli e che il clan avrebbe provveduto a garantirle un vitalizio per consentirle di crescere i suoi figli lontano dalle brutture della camorra, proprio come sognava di fare quando ha scelto di collaborare con la giustizia. In realtà, Anna Sodano fu prima sottoposta a un interrogatorio violento per costringerla a rivelare le informazioni che aveva fornito agli inquirenti, poi uccisa e inghiottita dal nulla. Il suo corpo non è mai stato ritrovato e i suoi figli, ai quali il clan Sarno ha ucciso entrambi i genitori, non hanno neanche una tomba sulla quale portare un fiore.

Tante volte, nel corso di questi mesi, ho temuto che potesse toccarmi la stessa fine.

Sapevo che il video che ho pubblicato nel 2018 non era destinato a passare inosservato: una diretta Facebook nel corso della quale l’ex boss di Ponticelli Giuseppe Sarno e sua cognata Patrizia Ippolito, moglie di suo fratello Vincenzo, interagivano con amici, parenti e nostalgici estimatori del clan, inviando messaggi espliciti, comodamente seduti al tavolino di un bar, mentre sorseggiavano un caffè, malgrado fosse una condotta tutt’altro che in linea con lo status di collaboratori di giustizia ristretti in una località protetta.

Da quel video scaturì un’inchiesta da parte di un pool di magistrati della Procura di Napoli che ha poi portato all’estromissione dal programma di protezione dell’ex boss di Ponticelli Giuseppe Sarno che pertanto fu condotto in carcere per scontare la pena residua che pendeva sul suo capo, stessa sorte per la moglie di suo fratello Vincenzo, depennata dal programma di protezione, seppure le fu consentito di restare nell’appartamento che le era stato assegnato, in quanto tutrice legale di un figlio minore.

In quel momento storico, Vincenzo Sarno era detenuto e proprio mentre era in carcere ho ricevuto una querela dal suo avvocato, diffamata, a suo dire, dal contenuto di un mio articolo in cui riportavo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che faceva esplicito riferimento a lei: l’avvocato Loredana Gemelli del foro di Torino. Dopo la prima udienza, “la parte lesa” ha ritirato la querela e si è fatta carico delle spese processuali.

Pensavo che proprio perché fosse in corso un procedimento penale, l’ex boss non avrebbe cercato altre strade per perseguire una possibile vendetta, ma quelle minacce hanno sgretolato le mie convinzioni.

Nella denuncia che ho sporto per segnalare quelle minacce ho integrato anche una serie di particolari che hanno concorso a ricostruire i piani di Vincenzo Sarno, detenuto ai domiciliari in veste di collaboratore di giustizia, ma al contempo concentrato a riorganizzare i business illeciti.

Quando ha ricevuto la visita delle forze dell’ordine ha capito che qualcuno aveva bruciato i suoi piani, mettendomi in condizione di denunciarlo.

Oggi so che quel qualcuno, probabilmente, mi ha salvato la vita.

Consapevole di essere finito nel mirino dei rivali, l’ex boss di Ponticelli non ha fatto niente per nascondere la sua volontà di “stanare gli infami” che mi avevano consentito di smascherarlo.

Il 2024 è iniziato nel peggiore dei modi per me: Vincenzo Sarno pubblica su Instagram una foto del tatuaggio scalfito sulla sua coscia. Una frase inquietante che dedica a me e “agli infami” che mi avevano passato quelle preziose informazioni, annunciando che per noi sarebbe arrivato il momento dei “limoni neri”.

Un’angoscia accentuata da un video pubblicato di recente sui social network e che mostrava dei guerriglieri rumeni che armeggiavano delle armi d’assalto. Un filmato accompagnato dalla frase: “i Sarno regnano a Ponticelli siamo tornati” e che risuonava a tutti gli effetti come l’ennesimo atto di quell’incubo iniziato lo scorso agosto.

Poche ore fa, la notizia che ha riportato una fresca e rincuorante ventata di serenità nella mia vita: revocato il programma di protezione all’ex boss ed ormai anche ex collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno che pertanto è stato trasferito in carcere ed è lì che sconterà il resto di una pena che potrebbe inasprirsi, qualora i processi in corso e gli accadimenti recenti porteranno a nuove condanne.

Il mio ringraziamento più sincero e sentito va ad Articolo 21, al Sindacato Unitario Giornalisti della Campania, alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e a tutti i colleghi e colleghe che non hanno mai smesso di supportare il mio lavoro, soprattutto nei momenti difficili.


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