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Per il latino non serve una giornata speciale

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Se l’avesse proposta il prof. Vecchioni. Oppure Venditti, ancora così sinceramente affezionato ai suoi studi ginnasiali al liceo Giulio Cesare da cantarci su. O persino un Lotito, il presidente della Lazio che ama le citazioni colte, si ispira a Pascoli e Manzoni per la “ poetica della sua squadra” e ama questa lingua. Ecco, se la proposta di istituire ogni aprile una Giornata della lingua latina l’avessero fatta loro l’avrei accolta senza obiettare nulla. Anche se una giornata di questo tipo in realtà esiste già. Dal 2021 infatti l’AICC, Associazione Italiana della Cultura Classica, ha ottenuto dall’UNESCO licenza di istituire tale manifestazione, che quest’anno cadrà l’11 e 12 aprile (si sceglie sempre la prima settimana dopo Pasqua). Ma la notizia della proposta di legge della leghista Laura Carandoli, in questi giorni alla Camera, che chiede di promuovere lo studio e l’uso del latino non solo a fini accademici, ma anche per preservare una ricchezza culturale e storica, a me che latino lo insegno fa sorridere. Ci sono appena state la Giornata Mondiale della torta. Del riciclo. Del sonno. Del sesso orale! E il latino ora merita addirittura due giornate per il Carroccio, che ha sempre demonizzato tutto ciò che ha a che fare con Roma ladrona. Ma improvvisamente capisco cos’è che trovo stonato in queste iniziative. Mi sembra che manchi la coerenza. Che invece questa lingua possiede come nessun’altra. Ma per me manca di coerenza un partito che vuole l’autonomia e quindi una frattura tra Nord e Sud e quindi la scomparsa degli investimenti per restringere il divario fra le regioni e quindi un colpo di grazia alla scuola pubblica. Alla faccia dell’identità culturale che con la festicciola del Latino Carandoli intenderebbe salvaguardare.

Ma se la Lega di Bossi ce l’aveva duro, il latino ce l’ha adamantina, la coerenza. E’ la dimostrazione per me che chi studia non serve. Chi studia comanda. E guarda caso in Europa chi comandava ha sempre parlato il latino. Gli imperatori. I barbari che hanno abbattuto l’Impero. I Longobardi. Carlo Magno. Nei secoli si è usato un latino sempre più semplificato, un latino che si è imbastardito, è stato detto. Parlavano latino gli imperatori tedeschi, quelli austriaci. La Chiesa. Tutti coloro che avevano una carica o che avevano visto mutare in meglio la loro condizione. Tutti coloro che, appena facevano fortuna, volevano che i loro figli studiassero latino. E questa moda, se moda vogliamo chiamarla, è durata millenni.

Oggi, in una società che ha accettato che si riducessero le ore di latino nei Licei. In una società in cui i figli devono imparare come fare soldi, quindi i soldi sono il nuovo latino, quindi le materie umanistiche possono anche essere dimenticate. In una società di questo tipo, che festeggia, ho scoperto, la Giornata Mondiale delle zone umide! Mi chiedo quale sia il senso che può essere dato a tali manifestazioni. Mi chiedo quanti siano davvero in grado di raccogliere la lezione più alta di questa lingua che veicola una civiltà nella quale il valore massimo era l’humanitas, di cui ha lasciato la definizione più bella il poeta Terenzio: “Homo sum. Humani nihil a me alienum puto”. Che vuol dire pensare, davanti alle immagini dei migranti avvolti nelle metalline: “Sono un uomo. Nulla di ciò che è umano mi è estraneo”.

C’è troppa poca coerenza oggi perché a me che il latino lo insegno venga in mente di festeggiare. Forse ha davvero ragione allora Giovannino Guareschi, che sull’’argomento ha scritto: “Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto sonoro, potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino”.


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