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Confessioni di un’amica

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Un’amicizia non deve assumere alcuna forma particolare, se non quella che soddisfa al meglio le persone che coinvolge”.

Ognuno di noi ha un’idea diversa di amicizia. C’è chi ha bisogno di ‘collezionare’ amici ed essere per loro sempre disponibile, chi predilige una cerchia più ristretta, legami più intensi, che non pretendono monogamia o telefonate quotidiane, ma che ci fanno sentire amati e non ci lasciano soli nei momenti di difficoltà.

Dare una definizione all’amicizia è una cosa complessa e non è certo questo l’intento di Elizabeth Day in “Confessioni di un’amica”, edito da Neri Pozza nella collana Bloom (349pp. 19 Euro), in libreria dallo scorso 20 febbraio. Si tratta di un libro a metà tra il memoir e il saggio narrativo che alterna confessioni intime a studi e statistiche. Attraverso il racconto di dodici personaggi l’autrice cerca di sviscerare l’amicizia in tutte le sue forme e manifestazioni: da quelle più positive a quelle più ‘tossiche’. Ma del resto la Day confessa all’inizio di essere una friendaholic che ha la necessità di aumentare a dismisura la propria cerchia pur di non restare da sola.

Accettavo di partecipare a cene, giri di shopping, matrimoni, feste di compleanno e baby shower perché temevo che, rifiutando, avrei deluso l’amico o l’amica che mi aveva invitato. Se non l’avessi fatto sarei stata scomunicata dalla cerchia delle persone socialmente frequentabili. E, una volta rimasta senza amici, avrei dovuto guardare dentro me stessa, affrontare la solitudine esistenziale di chi non merita di essere amato: una prospettiva terrificante”.

La pandemia rappresenta per Elizabeth quello spartiacque tra un ‘rumoroso e affollato’ prima e un ‘silenzioso e deserto’ dopo. Un momento di riflessione in cui l’autrice, un’affermata giornalista con diversi libri di successo all’attivo, comprende che l’amicizia è qualcosa di prezioso e raro – come testimonia il suo rapporto con Emma (cui il libro è dedicato) – e che non servono reti affollate di relazioni ma solo poche persone che ascoltano, guariscono, aiutano.

A tratti travolgente, e finanche commovente, come quando la Day ripercorre i suoi problemi di fertilità e i numerosi aborti spontanei, in altri assai divertente, come nel racconto della sua amicizia con Sathnam, conosciuto ad una festa e con cui, anni dopo, avvia una frequentazione sulla spinta di alcune amiche. Una amicizia questa, nel corso della quale, in una call di molti anni dopo, i due si interrogano sul perché il loro rapporto non sia diventato amore.

Un libro insolito e appassionante, pieno di interessanti spunti su cui riflettere, una pagina dopo l’altra.


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