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Brahms: trii per pianoforte e archi

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Lo scorso 13 marzo la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica ha ospitato – nell’ambito della stagione concertistica da camera 2023-2024 – il terzo appuntamento del ciclo dedicato al compositore tedesco Johannes Brahms. Eseguiti tre trii con musicisti d’eccezione.

Nato ad Amburgo il 7 maggio 1833, da una famiglia luterana, Johannes Brahms ha trascorso gran parte della sua vita a Vienna, fino alla sua morte, il 3 aprile 1897. Esponente del periodo tardo romantico, è considerato tra i principali interpreti del suo tempo ed è stato definito un grande della musica, insieme a Sebastian Bach e Ludwig van Beethoven, dal direttore d’orchestra, nonché pianista e compositore del periodo romantico, Hans von Bulow (8 gennaio 1830 – 12 febbraio 1894).

Le sue composizioni sono una dotta commistione di forme classiche rigorose, espressione di una rara sapienza contrappuntistica e polifonica, che affondano le radici in uno spirito profondamente romantico.

Alla continua ricerca della perfezione stilistica Brahms, con la sua musica esprimeva la sua anima “decadente” – consapevole di vivere un’epoca di grandissima trasformazione culturale – ma che guardava al passato esprimendosi, tuttavia, in forme completamente diverse ed innovative.

Proprio a questo grande nome della musica tardo romantica è stato dedicato il concerto dello scorso 13 marzo, terzo appuntamento del ciclo a lui intitolato, trasmesso in diretta da Rai Radio 3.

Un programma, della durata complessiva di circa un’ora e mezzo in due tempi, in cui sono stati eseguiti tre trii per pianoforte ed archi.

Ad aprire la serata, il Trio n. 2 op. 87, un brano molto caro al compositore, quindicesimo dei 25 lavori cameratistici di Brahms. Scritto nel 1882 – a trent’anni di distanza dalla prima versione, il trio n.8 – nell’anno della maturità che darà inizio al così detto “terzo stile” del compositore, è un indiscusso capolavoro, solido e coerente nella sua costruzione e nell’equilibrio tra gli strumenti, quanto ineguagliabile nella sua concentrazione espressiva, fulgido esempio di intreccio tematico.

A seguire, il Trio in Do minore n. 3 op. 101, un’opera matura, composta nel 1886, una compiuta sintesi del pensiero del compositore, di cui un critico dell’epoca scrisse “… suona come un ritorno – magnificamente affrontato, per giunta – verso una giovinezza lontana, e ancora fertile”.

A conclusione, quell’opera piena di vita e di giovinezza, il Trio n.1 op. 8 in Si maggiore, poi profondamente rivisto nel 1889, che rappresenta il primo tentativo di musica da camera per soli archi di un giovane talentuoso alla ricerca di una via espressiva compiuta e riconosciuta anche dal pubblico.

L’esecuzione, ha visto sul palco della Sala Sinopoli tre musicisti di grande calibro: il violoncellista franco-tedesco Nicolas Altstaedt – tra i musicisti più richiesti e versatili del panorama artistico contemporaneo, che in questa stagione debutterà con i Bamberger Symphoniker, la Philharmonia Orchestra e l’Orchestre symphonique de Montréal; il violinista ungherese Barnabàs Kelemen – con il suo virtuosismo tecnico e il suono dinamico e appassionato, che lo scorso novembre ha eseguito a Santa Cecilia, con la Utopia Orchestra diretta da Teodor Currentzis il Concerto per violino di Brahms, e il pianista tedesco Alexander Lonquich, concertista di fama mondiale residente in Italia da oltre 40 anni che quest’anno festeggia 30 anni di concerti a Santa Cecilia.

Un concerto che ha richiamato un vasto pubblico di appassionati di ogni età che ha seguito con estrema attenzione e partecipazione i vari passaggi musicali, tributando un ampio consenso ai musicisti che sono stati straordinari interpreti.


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