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L’oscenità della rinuncia in “Aspettando Godot”

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Prato, Teatro Metastasio – L’atroce stramberia di un’umanità che sguazzando nei suoi liquami attende l’inesorabile fine alla quale si è condannata: questo è quanto si ottiene se la massima opera di Beckett viene elaborata dalla regia di Theodoros Terzopoulos. Uno spettacolo di una forza squassante, in grado di far torcere lo stomaco e spezzare il respiro grazie a una resa scenica magistrale.

Il piccolo bonsai in proscenio suggerisce una distanza non più colmabile fra l’uomo e la natura, mentre un’enorme scatola nera munita di quattro pannelli mobili tiene prigionieri i personaggi per quasi tutto lo spettacolo. I due protagonisti si avvinghiano e si respingono come i ricci di Schopenhauer, mentre le luci sottolineano la pioggia di saliva che erompe da ogni personaggio a qualsiasi battuta: la presenza di fluidi corporei è costante, la saliva mista al sangue sparso sui vestiti denuncia la purulenta decadenza del nostro tempo dove ognuno si muove cieco sul proprio binario senza coscienza della rovina alla quale stiamo andando incontro.

Ma di che rovina si tratta? Quale baratro descrive brillantemente il regista greco? L’arcano è svelato dall’urlo sirene e dal fragore delle bombe, coltelli dal cielo macchiati di sangue e un servo crocifisso. Pozzo, osceno capitalista comanda con il terrore un decerebrato Lucky mentre il proclamato servo di God-ot, in croce, raccomanda di attendere la venuta di questo dio ignoto e farsesco rinunciando a prendere in mano la propria salvezza, e a sottrarsi al supplizio di una vita consumata inutilmente. L’umanità piegata dal giogo autoinflitto del capitalismo ha interrotto ogni comunicazione con i sentimenti e gli aneliti verso il futuro e può solo marcire dimenandosi in un ristagno senza sbocchi.

Lo spettacolo punta su effetti di inquietante crudezza, escludendo i toni comici, mentre il senso di cupa distorsione che ispira ciò che avviene in scena provoca un moto di rabbia e disperazione. La catatonia dei servi sbavanti porta la mente dello spettatore a invocare pietà per questa triste condizione, che altro non è se non lo specchio di ciò che stiamo diventando.

ASPETTANDO GODOT

di Samuel Beckett
copyright Editions de Minuit
traduzione Carlo Fruttero
regia, scene, luci e costumi Theodoros Terzopoulos
con (in o.a.) Paolo Musio, Stefano Randisi, Enzo Vetrano
Giulio Germano Cervi, Rocco Ancarola
musiche originali Panayiotis Velianitis
consulenza drammaturgica e assistenza alla regia Michalis Traitsis
training attoriale – Metodo Terzopoulos Giulio Germano Cervi
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
in collaborazione con Attis Theatre Company

Al Teatro Metastasio di Prato

L’oscenità della rinuncia in “Aspettando Godot”


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