Benedetto Croce era incuriosito dalla figura del fondatore del fascismo, così si recò al teatro San Carlo di Napoli per assistere al suo comizio pochi giorni prima della marcia su Roma. Al termine commentò: “Mussolini è un istrione ma i politici devono essere degli istrioni”. Nel giro di poche ore quell’istrione assunse i pieni poteri, cancellando le certezze dei liberali che pensavano di imbrigliarlo offrendogli qualche ministero in più nel governo da formare.
In quei giorni i suoi scherani intimidivano fisicamente i direttori dei giornali: non pubblicate articoli critici sulla marcia altrimenti saranno guai e se proprio non potete farne a meno meglio non uscire in edicola.
Parliamo di 102 anni fa, praticamente ci divide un’era geologica da quei tristi giorni. Eppure, c’è da riflettere sulla nota del presidente Sergio Mattarella diffusa mercoledì (non casualmente) in occasione della Giornata Internazionale dell’Educazione in cui ribadisce ancora una volta che tra i diritti fondamentali della persona c’è l’accesso all’informazione ed alla conoscenza. Pluralismo, libertà di pensiero, autonomia professionale ancorata alla deontologia sono temi cari al Presidente. Se ha sentito il bisogno di parlarne nel pieno di una rovente polemica che contrappone il primo ministro a giornalisti ed organi di informazione, una ragione c’è conoscendo anche l’assoluto rispetto di grammatica e sintassi istituzionale del Quirinale. Forse anche dal Colle si avvertono i miasmi dei bavagli. Se così fosse non sarà una passeggiata di salute per nessun cittadino italiano, anche per quelli che oggi l’invocano.