Tralasciamo le dichiarazioni del solito La Russa, primo, e speriamo unico, esempio di presidente del Senato di una Repubblica democratica e anti-fascista con il busto di Mussolini in casa. Secondo il nostro eroe, infatti, non sarebbe acclarato che il saluto romano costituisca apologia di fascismo. Ci spiace per lui, ma lo è eccome, anche se ci rendiamo conto che di questi tempi è la Costituzione a essere considerata sovversiva. Entrando nel merito della vicenda, ad Acca Larentia, durante la consueta celebrazione in ricordo di Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni, i tre militanti dell’MSI che vennero assassinati il 7 gennaio 1978 da alcuni esponenti di estrema sinistra nel corso di un raid inaccettabile, abbiamo assistito a scene che sembravano provenire dagli anni Venti del secolo scorso. Mani alzate, esclamazioni discutibili, uno schieramento che ricordava, in tutto e per tutto, il Ventennio e una retorica che, oltre a non rendere omaggio alle vittime, gettava una luce sinistra sulla manifestazione. Ora, sia chiaro: per noi, chiunque sia stato ucciso mentre portava civilmente avanti le sue idee merita rispetto. Di fronte alla morte, anzi all’omicidio, non esistono buoni e cattivi ma solo ragazze e ragazzi di vent’anni che non hanno avuto un domani. Nel ribadire la pietà umana e la vicinanza ai loro cari, qualunque fosse lo schieramento d’appartenenza, ci teniamo tuttavia a precisare che la pensiamo come Enzo Biagi, quando scriveva, a proposito della distinzione fra partigiani e repubblichini di Salò, che c’è una differenza sostanziale fra chi si batteva per la libertà e la dignità dell’Italia e chi era al fianco di Hitler e dei suoi seguaci. Allo stesso modo, è bene ribadire che all’epoca, almeno formalmente, esisteva ancora l’arco costituzionale, cui il Movimento Sociale Italiano, benché tollerato per ragioni democratiche, era ritenuto estraneo. Non a caso, le due leggi relative all’attuazione della disposizione costituzionale contro la ricostituzione del Partito fascista, l’apologia di fascismo e ogni forma di odio e di incitamento all’odio recano i nomi di due esponenti democristiani: Scelba e Mancino, con il primo noto per essere il Ministro degli Interni che definì gli intellettuali vicini al PCI “culturame” e che era solito inviare alle manifestazioni dell’opposizione agenti della celere passati tristemente alla storia. Non proprio un esponente del soccorso rosso, insomma.
Se neanche più le leggi di Scelba e Mancino hanno un senso, siamo oltre. È inutile chiedere le dimissioni a personaggi come La Russa. È, invece, utilissimo far sapere loro due cose: innanzitutto, che per noi il fascismo va ben al di là di determinati episodi, riguardando non solo le opere ma, più che mai, le omissioni, i silenzi e le prese di distanza che, in realtà, non sono tali; e poi che la cittadinanza democratica prevarrà sempre e comunque, anche se sono momentaneamente al governo.
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