La feroce potenza di fuoco israeliana, con carri armati israeliani e bombardamenti aerei, si è abbattuta nelle ultime 24 ore su Khan Younis nella Striscia di Gaza. Da venerdì sono state uccise 200 persone, compreso un giornalista palestinese che lavora per Al-Quds TV e alcuni membri della sua famiglia colpiti da una bomba nella loro casa nel campo di Nuseirat, nel centro di Gaza.
Le forze israeliane hanno bersagliato di colpi Khan Younis in preparazione di un’ulteriore avanzata nella principale città meridionale al fine di raggiungere i centri di comando di Hamas e i depositi di armi.
L’esercito israeliano ha affermato di aver distrutto in quest’ultima operazione una rete di tunnel che partiva dal seminterrato di una delle case del leader di Hamas, Yahya Sinwar, a Gaza City.
In dodici settimane, dall’assalto del 7 ottobre dei terroristi palestinesi che hanno ucciso 1.200 persone e sequestrando 240 ostaggi, le forze israeliane hanno devastato la Striscia al fine di sradicare il gruppo islamista causando la morte di oltre 21 mila civili e lo sfollamento di 2,3 milioni di persone di Gaza sono fuggiti dalle loro case e ora sono costretti a vivere, anzi á sopravvivere, in tende improvvisate o rannicchiati sotto teloni di plastica in campi profughi allestiti al confine con l’Egitto.
La stretta striscia costiera è lunga solo 40 km (25 miglia), il che la rende una delle aree più densamente popolate del mondo.
Le vittime delle ultime ore hanno portato il bilancio complessivo a 21.507 e si teme che altre migliaia di corpi siano sepolti sotto le rovine dei quartieri di Gaza.
Tragedie che la stampa è riuscita a documentare solo in parte e a un elevato costo in termini di vite perse.
Secondo fonti del governo palestinese sono 106 i giornalisti palestinesi uccisi nell’offensiva israeliana.
Per il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) nelle prime 10 settimane le vittime del conflitto tra Israele e Palestina sono almeno 70, un numero maggiore di giornalisti uccisi in un solo anno nel mondo.
Il CPJ, organizzazione internazionale e indipendente con sede negli Stati Uniti, ha affermato di essere “particolarmente preoccupato per un apparente modello di targeting dei giornalisti e delle loro famiglie da parte dell’esercito israeliano”.
All’inizio di questo mese, un’inchiesta della Reuters ha rilevato che l’equipaggio di un carro armato israeliano ha ucciso il giornalista dell’agenzia, Issam Abdallah, e ha ferito altri sei colleghi in Libano il 13 ottobre sparando due colpi in rapida successione mentre i reporter stavano filmando bombardamenti transfrontalieri.
Israele ha sempre negato le sue responsabilità affermato che non ha «mai preso deliberatamente di mira giornalisti e che sta facendo il possibile per evitare vittime civili».
Ma l’alto bilancio delle vittime smentisce tali affermazioni e il perdurare degli attacchi desta grande preoccupazione anche tra gli alleati di Israele e non solo tra gli operatori umanitari.
Gli Stati Uniti hanno chiesto a Telaviv di ridimensionare la guerra nelle prossime settimane e di passare a operazioni mirate contro i leader di Hamas, ma finora l’alleato non ha mostrato alcun segno di essere disposto a farlo.