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Luca come Giulio: l’appello contro l’archiviazione del caso Ventre, il 35enne morto in Uruguay nel 2021

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Luca Ventre, 35 anni, italiano per metà d’origini lucane, viveva a Montevideo. Il 1 gennaio del 2021 si recò molto presto nell’ambasciata italiana, scavalcò i cancelli, era inerme, aveva con sé solo una borsa con alcuni documenti. Venne trattenuto a terra per oltre 20 interminabili minuti dal poliziotto di guardia, Dos Santos appunto, fino a che, esanime, venne trascinato fuori e portato in ospedale, dove morì poco dopo. Italia e Uruguay hanno siglato uno specifico accordo di cooperazione giudiziaria in materia penale nel 2019 che, tra le altre cose, prevede che lo Stato faccia tutto il possibile per rintracciare le persone indicate nelle richieste di assistenza giudiziaria che eventualmente si trovino nel suo territorio.

Eppure, come è accaduto per l’Egitto nel caso della morte di Giulio Regeni, la mancata collaborazione dell’Uruguay rischia di portare all’archiviazione il caso, con una motivazione che ha dell’incredibile.

Attualmente l’unico indagato risulta il poliziotto Dos Santos Ruiz Ruber Eduardo, di guardia nell’ambasciata italiana quella mattina.

Di Dos Santos abbiamo carta d’identità, il domicilio, il numero di telefono; si sa il giorno preciso del suo ingresso in polizia e l’orario di lavoro alle dipendenze del Dipartimento di Sicurezza Diplomatica; nei video di sorveglianza c’è anche la sua faccia. Nei verbali viene interrogato, si parla di lui. Eppure l’esito di delega di indagine depositato dal PM circa l’identificazione completa ha avuto esito negativo. «Questo nonostante si tratti di un pubblico ufficiale appartenente al Dipartimento di Polizia Diplomatica e Dignitaria del Ministro dell’Interno uruguayano e nonostante prestasse servizio stabile di polizia presso l’Ambasciata Italiana di Montevideo» spiega Fabio Anselmo, il legale della famiglia di Luca. Ed è sostanzialmente su questa «surreale e finanche umiliante» circostanza , come si legge nelle memorie depositate nel corso dell’udienz del 30 novembre, che si basa l’opposizione all’archiviazione del caso. Perché la non completa identificazione dell’indagato non ha consentito la notifica degli atti e, quindi, il procedimento rischia di essere archiviato.

«Risulta che presso lo Stato Uruguaiano non sia in corso alcun procedimento a carico di Dos Santos. Ci si chiede se è stata attivata una richiesta da parte dello Stato Italiano nelle forme di cui all’art. 7 del trattato e quali siano le risposte fornite. Appare francamente inaccettabile tale resa dello Stato Italiano nell’identificazione dell’indagato per un reato doloso commesso da un pubblico ufficiale all’interno dello spazio dell’Ambasciata Italiana, che ha condotto a tragica morte un giovane cittadino italiano» spiega Anselmo.

La sentenza Regeni potrebbe aprire uno spiraglio anche per Luca Ventre. Nel caso di Giulio Regeni, la Corte ha osservato che «la paralisi sine die del processo per i delitti di tortura commessi da agenti pubblici, quale deriverebbe dall’impossibilità di notificare personalmente all’imputato gli atti di avvio del processo medesimo a causa della mancata cooperazione dello Stato di appartenenza, non è accettabile, per diritto costituzionale interno, europeo e internazionale». Essa infatti «si risolve nella creazione di un’immunità de facto», che offende i diritti inviolabili della vittima, il principio di ragionevolezza e gli standard di tutela dei diritti umani, recepiti e promossi dalla Convenzione di New York».


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