Nel 2018 lo scrittore Roberto Saviano scrisse di Matteo Salvini che era “ministro della mala vita” argomentando tale definizione. L’ex Ministro dell’Interno, oggi alle Infrastrutture, come tanti altri politici italiani presentò una querela in Procura chiedendo che fosse accertata la responsabilità penale di Saviano per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Da quel momento in poi Matteo Salvini si è totalmente disinteressato del procedimento, mandando persino (finora) di presentarsi un aula per spiegare le ragioni della querela in quanto parte offesa, come finora è definito. Il processo quindi è incagliato proprio perché il soggetto che ha detto alla Giustizia italiana di essere vittima di un reato non va poi dai giudici a dire perché. Di rinvio in rinvio sono passati anni (cinque) e la prossima udienza è fissata per giovedì 7 dicembre in Tribunale a Roma. Come spiega l’imputato Roberto Saviano in un post è prevista l’escussione del Ministro, che potrebbe, ancora una volta, addurre impedimenti legati a impegni istituzionali e saltare il turno. Un rinvio non sarebbe inferiore ai sei mesi, trattandosi di un processo senza detenuti e via così.
“Alle scorse udienze Salvini non si è presentato ma oggi, con le elezioni europee alle porte e il fallimento delle politiche sovraniste, ha bisogno di visibilità per alimentare la sua aspra battaglia interna con Giorgia Meloni. – scrive Saviano sul suo profilo social – Oggi a Salvini serve più di ogni altra cosa un pulpito. Magari sarà la volta buona in cui gli sentiremo dire ‘tutta la verità, nient’altro che la verità’. E non ridete, vi prego. Sarà l’occasione in cui Matteo Salvini, ministro della Repubblica Italiana, sotto giuramento, potrà finalmente spiegare tanti aspetti della sua carriera politica rimasti oscuri nel corso di questi anni. Lo aspetto giovedì 7 dicembre in Tribunale”.
Il processo a carico d Saviano con presunta parte offesa Salvini è, al di là della notorietà di entrambi, la prova plastica di cosa sono le querele per diffamazione a mezzo stampa in Italia. Piuttosto che azioni volte a difendere una lesione subita da ciò che è scritto in un articolo rappresentano vendette, punizioni, intimidazioni, avvertimenti, tanto che, proprio come sta facendo il Ministro, gli autori si dimenticano o snobbano l’andamento del processo. Questa prassi ha spinto il nostro Paese in vetta alle classifiche delle slapp in Europa (oltre il 40% del totale registrato in tutti i Paesi Ue). Un processo di questo tipo impiega mediamente sei anni per arrivare alla pronuncia di primo grado, un tempo lunghissimo durante il quale molti giornalisti non scrivono praticamente più del politico o della società che li ha querelati, tranne i pochi casi di grandi testate e autori famosi. Dunque questo è il risultato vero che una querela può (forse vuole) raggiungere.
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