La Coalizione per la difesa della libertà d’espressione in Libano ha lanciato l’allarme: la commissione Giustizia del parlamento si appresta a licenziare, dopo una serie di riunioni a porte chiuse, una nuova legge sui media.
Il voto definitivo in plenaria potrebbe arrivare in tempi brevi. In caso di approvazione, si tratterebbe di un preoccupante passo indietro per la libertà d’espressione, in un ambiente nel quale già i giornalisti che criticano le autorità vanno incontro a intimidazioni e a minacce di conseguenze giudiziarie.
A luglio, ad esempio, la giornalista Dima Sadek è stata condannata a un anno di carcere e a una multa equivalente a circa 1200 euro per aver criticato, con un post su X, un esponente di un partito politico.
La Coalizione, che ha chiesto invano di essere audita, ha recuperato il testo della proposta di legge: sono confermate multe e condanne al carcere per l’offesa e la diffamazione a mezzo stampa nei confronti del capo di stato e vengono aggiunte quelle per offesa e diffamazione contro ambasciatori e missioni diplomatiche del Libano e persino nei confronti di capi di stato stranieri.
Cosa ancora più grave, viene criminalizzata con pene fino a tre anni di carcere l’offesa alle “religioni riconosciute”. Stessa pena (con raddoppio in caso di recidiva) per chi incita al settarismo e al razzismo, minaccia la pace o mette in pericolo l’integrità, la sovranità, l’unità o le frontiere dello stato o le sue relazioni estere.
Sono poi stabiliti limiti al diritto dei giornalisti di aderire ad associazioni di categoria o di costituirne di nuove. È infatti previsto che ci debba essere solo un sindacato. Sarà vietato riprodurre i verbali delle riunioni del consiglio dei ministri e dare conto delle decisioni delle commissioni parlamentari.
La nuova legge prenderà il posto della Legge sulle pubblicazioni del 1962 e della Legge sugli audiovisivi del 1974. Secondo il presidente della commissione Giustizia del parlamento, il nuovo testo accoglierebbe una serie di raccomandazioni e di commenti fatti nel corso dell’anno dall’Unesco. Ma, da quanto ha potuto vedere la Coalizione, le proposte dell’Unesco andavano esattamente nella direzione contraria, riguardando la cancellazione delle condanne penali per l’offesa e la diffamazione.