BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Urlare BASTA significa BASTA!

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Amica, compagna, anche “amò” – come dicono i ragazzini a Roma: il linguaggio della sorellanza è ospitale. Poi arriva il 25 novembre e ti scarica addosso una camionata di bare. Siamo a 107. Giulia Cecchettin era la 105. Elena, sua sorella, è stata quella che ha avuto la voce più alta nel rivendicare la vita per le donne: e addosso a lei si è rovesciato l’odio, a cominciare da quello della politica.

Ma che fine hanno fatto tutte le panchine rosse che abbiamo inaugurato?

È dai tempi dei tempi che il Diritto di natura, che il Contratto sociale (anche Hobbes, Locke) ci spiegano che alla base di tutto ci sono il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà. Per gli uomini. In un contratto tra uomini. (C’è sempre la trappola del linguaggio, quel “maschile inclusivo” che tutto cela, di modo che sui banchi di scuola le ragazze pensavano di essere “incluse” anche nei diritti, illuse). Le donne? È dal Medio Evo che anche per loro è stata stilata una scala di valori, assolutamente moderna: figlia, moglie e madre.

Le donne, oggi, sono ancora a combattere per conquistarlo quel diritto alla vita.

Il 25 novembre è una data come un’altra: serve alle istituzioni per dimostrare attenzione contro la violenza alle donne con convegni dove si spendono molte buone parole, e dove vengono eccezionalmente anche invitate molte donne. Il “caso efferato” serve ai politicanti per gareggiare in proposte e propositi che si consumano nell’arco di un’emozione.

Alle donne non basta un 25 novembre. Non basta neanche un applauso strappato.

Urlare BASTA, significa BASTA. Non è vero che è sempre stato così. Non è vero che ragazze e ragazzi non sono mai stati educati al sentimento: qualcuno ricorda quando si studiavano i poeti, anche quelli noiosi (Odi et amo, qua re id faciam fortasse requiris…)? Ricorda quando nelle pieghe della storia si svelavano gli animi degli uomini (un po’ meno delle donne) e si orientava il mondo? Si studiava persino geografia (dov’è l’Adda, dov’è il Fucino…). E ora, assimiliamo i sentimenti all’educazione tecnica, quando si stava fuori a fumare? La parola agli educatori, che paiono dubbiosi.

Urlare BASTA significa BASTA, non aspettare la giustizia sommaria degli assassini in una cella. Ma neppure cavarsela con corsi di buona volontà per i violenti, al posto della pena. E neppure aspettare nuove leggi salvifiche, di cui un assassino non tiene conto alcuno. Sì: la scuola, la scuola, la scuola, nel flusso dell’istruzione, forse persino l’Intelligenza Artificiale nasconde sentimenti.

L’assurda fine di Giulia Cecchettin, la ragazza che temeva per quel Filippo così fragile che poteva farsi del male (maledetto e perenne sentimento di soccorso e cura, da cui le donne non sanno emanciparsi, e che è l’ossatura di una società che zoppicando procede) ha sconvolto più di quanto ci si poteva attendere: la gente in lacrime davanti ai social e alla tv. Ma perché? Perché proprio lei ha suscitato tanta commozione? Ci ha preso in contropiede il fatto che in una “nazione” che ha un governo che agisce nel nome della sicurezza, per le donne non ci fosse nulla di sicuro (anche quelle che non portano la minigonna, che non vanno al pub, che non bevono)? Chi ha detto “poteva essere mia figlia”, chi comunque per la giovane età, molte e molte subito hanno indicato nel fatto che era brava, che era più brava di lui e che lui lo sapeva, la ragione della sopraffazione. Quel “non doveva laurearsi prima”.

Usare il termine patriarcato è urticante per troppi? Troppi uomini offesi rivendicano di essere stati allevati in famiglie di donne? (Persino la premier Giorgia Meloni, per altro, nell’attacco mosso a Lilli Gruber che aveva sostenuto che anche lei è figlia di una cultura patriarcale, mette in mostra le generazioni di donne della sua famiglia). Usiamo sinonimi, va bene lo stesso: uomini che si sentono padroni delle donne, della loro carne, della loro anima, della loro intelligenza.

BASTA vuol dire rovesciare una cultura che non dà diritto alla vita. Per questo le donne sono rumorosamente in strada (molte con i loro compagni, vivaddio!), incompatibili con questo mondo che le uccide. Malamente. Soffocate a mani nude, accoltellate come carne al macello.


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