Chi garantisce lo sciopero generale. E chi no

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Mi pare evidente. Siamo in tempi in cui i diritti vengono messi in discussione. Subdolamente, un pezzo per volta; lentamente, goccia dopo goccia, per indurre i più distratti all’abitudine.

In questi giorni tocca al diritto di sciopero. Il sacrosanto diritto dei lavoratori a proclamare uno sciopero generale, attraverso le proprie organizzazioni sindacali, unico strumento per contestare le scelte di un governo è minato dal Ministro delle infrastrutture e vice Presidente del Consiglio Salvini. Come? Con il solito metodo: mettere i lavoratori contro i cittadini, cioè contro altri lavoratori. Dividere per isolare il “nemico” di turno. In questo caso CGIL e UIL. Perché è più facile, alzando un polverone, confondere le cose e tentare di delegittimare uno strumento garantito dalla Costituzione: la libertà di sciopero.
Sarò franco. Non mi convince il parere di un organismo di garanzia nominato dai Presidenti delle due camere. Non mi convince nel merito del parere espresso, perché entra a gamba tesa sulle ragioni dello sciopero non riconoscendogli la valenza di “sciopero genera”. E non mi convince che un organo di garanzia sia di nomina governativa. La legge che lo ha istituito va ridiscussa e riformulata.
Certo, in tempi in cui si pensa di destrutturare l’equilibrio costituzionale voluto dai padri della Repubblica immaginando una “dittatura” della maggioranza costruita su premi abnormi in seggi e un premierato senza contrappesi, è forse un illusione. Ma un governo che entri a gamba tesa sul diritto dei lavoratori a scioperare è un governo che non ha cuore la democrazia reale. Vuole ascoltare solo una voce: la sua. Possibilmente impedendo la mediazione giornalistica, che è una gran scocciatura. Come è una gran scocciatura il pensiero critico. Meglio un cordiale e una carota che affrontare il tema vero: la democrazia non vive della sola voce di chi governa.

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