Gaza, raid devastante nella notte più buia di sempre. Black out delle comunicazioni

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Questa notte è partito l’attacco più feroce di sempre su Gaza.

VIDEO  Vittime del bombardamento di questa notte a Gaza

Le agenzie Reuters e AFP erano state avvisate poco prima da un portavoce del governo israeliano che “non è possibile garantire la sicurezza dei giornalisti“.

Appena calato il buio oltre 100 aerei da combattimento hanno bombardato la Striscia, portando morte ovunque.
Il tutto senza che la stampa potesse documentare quanto stava accadendo per
il black out totale delle comunicazioni che non consente neanche di chiamare il numero delle emergenze e dei soccorsi.
E quei giornalisti che sono riusciti ad arrivare vicino al fronte di conflitto hanno pagato con la vita la loro scelta di fare bene e fino in fondo il loro mestiere. Sono almeno 29 i giornalisti uccisi dal 7 ottobre scorso nella guerra tra Israele e Hamas: ventiquattro erano palestinesi, quattro israeliani e uno libanese .
Il Commitato per la protezione dei giornalisti (Coj) ha dichiarato di essere “molto allarmato” dalle notizie di un blackout delle comunicazioni a Gaza: “Mentre i media perdono i contatti con le loro troupe e i giornalisti a Gaza, che testimoniano in modo indipendente per fornire informazioni sugli sviluppi e sul costo umano di questa guerra, il mondo sta perdendo una finestra sulla realtà di tutte le parti coinvolte in questo conflitto”.
Secondo il Cpj “le ultime tre settimane sono state il periodo più sanguinoso degli ultimi decenni per i giornalisti che si occupavano dei conflitti.
Il silenzio da Gaza di corrispondenze giornalistiche ma anche di tweet e testimonianze della popolazione è la conseguenza di un’azione preventiva che ha smantellato la connettività nella Striscia.
Il tutto per poter agire indisturbati e non appesantire ancor di più l’immagine di un governo che non sta più, evidentemente, reagendo a un inaccettabile attacco terroristico (ricordiamolo sempre) ma agisce per vendetta colpendo volutamente i civili.
Intanto alle dichiarazioni di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, il quale aveva dichiarato giovedì scorso che “l’attacco di Hamas non è arrivato all’improvviso” e che “il popolo palestinese è stato sottoposto a un’occupazione soffocante per 56 anni. Ha subito violenze, l’economia è stata soffocata, le persone sono state sfollate, le case demolite”, è seguita ieri notte l’approvazione di una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu.
L’organo decisionale del Palazzo di vetro ha adottato una risoluzione araba che “chiede una tregua umanitaria immediata, duratura e sostenuta che porti alla cessazione delle ostilità” a Gaza con 120 voti a favore, 14 contrari e 45 astensioni. Tra cui quella dell’Italia.
Ma su questo, come sulla giornata di preghiera per la pace voluta da Papa Francesco, la copertura mediatica è stata pressoché nulla.
C’è da essere sconfortati. Ma non sorpresi. Questo è il risultato di decenni di attacchi al pensiero critico.
La nostra informazione, salvo poche lodevoli eccezioni che provano ad assolvere alla loro missione informativa, avalla una politica e una cultura della violenza che fa paura e che ci porterà a nulla di buono.
Gli Stati Uniti e in parte l’Europa sono parimenti responsabili. L’Europa penosa.
Mentre discutevano se nel testo della risoluzione era più opportuno mettere al singolare o al plurale parole che non contano niente, si permette un massacro indiscriminato.
Quale processo di pace vuoi mettere in piedi dopo, con tutti questi morti?
Abbiamo perso 29 colleghi nella Striscia, tutte le comunicazioni interrotte (i massacri si sa, meglio farli senza testimoni).
E dunque, nel chiudere questo non facile pezzo, sento di rivolgere un appello al gruppo dirigente del nostro sindacato affinché la Federazione nazionale della stampa intervenga pubblicamente. Che si faccia qualcosa di concreto. Nessuno può più far finta di niente.
La prima vittima di qualsiasi guerra è la verità. L’unica certezza è che non c’è nulla di onorevole nell’uccidere, tanto meno per vendetta.
Niente di buono nella guerra, tranne la sua fine.


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