Le interviste di Francesco ci danno una bussola possibile da seguire

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Le interviste di Francesco raramente sono banali e i fatti di questi giorni sono talmente importanti da rendere stupefacente la difficoltà a collegare affermazioni chiarissime seppur relative a temi apparentemente non connessi, come quelli sui quali in queste interviste si è espresso. Mi sembra importante partire non da quanto ha detto sui celibato dei preti, ma su cosa sono le crisi: “sono come voci che ci indicano dove procedere. Mentre i problemi, sovente nascosti, sono come il pifferaio magico”. Giunto a questo punto Francesco afferma “Ho molta paura dei pifferai perché sono affascinanti. Se fossero dei serpenti li lascerei, ma sono degli incantatori di persone… e finiscono per farle annegare. Persone che pensano di uscire dalla crisi ballando al suono del flauto, con redentori fatti in una notte”.
Mi sembra importante leggerlo Francesco, senza frammentarlo, evitando cioè di occuparsi di una frase, anche importante, in un contesto di informazione ecclesiale e di un’altra frase, anch’essa importante, in un altro contesto, magari di politica estera. Io dico che le sue affermazioni sono legate al di là delle domande alle quali risponde. E il bandolo delle sue affermazioni riprese in queste ore da diversi argentini con i quali ha parlato in questi giorni ci danno una bussola possibile, come quella di non seguire i pifferai magici. Ognuno di noi può domandarsi se ne segua qualcuno e quando, in quale contesto. Perché sempre c’è un contesto. E proprio questo mi sembra il bandolo delle sue affermazioni. Provo a cercare il bandolo secondo il mio punto di vista e lo trovo in queste parole: “il lavoro del Papa con la Chiesa e di un vescovo con la diocesi è armonizzare. Questa parola è fondamentale, perché quando parliamo dello Spirito Santo dobbiamo finire su questa parola. Un esempio chiaro: la mattina di Pentecoste c’è un gran baccano, e chi fa questo baccano? Lo Spirito Santo. Quindi lo Spirito Santo è colui che provoca le differenze nella Chiesa e poi le armonizza.”
Mi sembra evidente che le differenze siano un bene, il grande bene è saperle armonizzare, le differenze, non cancellarle. Se non si capisce questo punto, e cioè la necessità di costruire l’armonia che non elimina le differenze, è impossibile capire la sua efficacissima critica agli interventi militari occidentali in Iraq e Libia. Francesco non difende nel modo più assoluto né Saddam Hussein né Gheddafi, ma osserva con precisione millimetrica che i risultati degli interventi armati nei loro Paese non hanno prodotto miglioramenti, ma peggioramenti della situazione, riferendo una battuta di un libico che gli ha detto che prima c’era un Gheddafi e poi se ne sono emersi tantissimi, tutti insieme. Qualcosa di simile, contando le milizie filo-iraniane che spadroneggiano sull’odierno Iraq, si può dire anche per questo Paese. Vogliamo provare a capire allargando il discorso? Prendiamo il ricettario adoperato molto spesso dalla comunità internazionale, che dopo gravissime crisi, come anche in Libia, ha sempre pensato di poter risolvere le emergenze (per me aggravandole) andando rapidamente a elezioni. Ma Francesco dice di più, parlando di altro: gli viene chiesto come possa essere pastore un prete che lavora negli uffici del Vaticano, la famosa Curia. E cosa ha detto? Ha ricordato l’esempio del cardinale Agostino Casaroli che ai tempi di Giovanni XXIII, oltre al suo proficuo lavoro di alto diplomatico, visitava anche un carcere minorile la domenica: “Questa è la grande politica ecclesiale della Chiesa”. Se gli uffici sono separati dal mondo, non potranno mai risolvere i problemi del mondo, sebbene possano essere animati dalle migliori intenzioni.

Dunque lui vede la necessità di una più ampia armonia, anche nell’uomo, non solo tra le opinioni degli uomini, almeno così a me sembra. Questa è l’armonia che va ricercata a partire da sé, nel lavoro (anche diplomatico) e nell’incontro con le opinioni.
Ma un’onesta rappresentazione di queste conversazioni non può prescindere da questi tre punti sottolineati dal papa dopo aver parlato del pifferaio magico: “Ho più paura dell’indifferenza, perché è una sorta di apatia culturale. Lascia che questo accada, lascia che accada, mentre il suonatore di flauto continua a suonare e la gente annega. Le grandi dittature nascono da un flauto, da un’illusione, da un fascino del momento. E poi diciamo: ‘Che peccato, siamo annegati tutti’”. Seconda affermazione:  “L’austerità in sé non esiste. Ci sono uomini e donne austeri. E che cos’è? Qualcuno che vive del suo lavoro, che ha una cultura e sa esprimerla, e che sa andare avanti diffondendo l’austerità. Nella cultura dell’agio, della corruzione e di tanta evasione, è molto difficile parlare di austerità. “Ciò che consacra una persona all’austerità è il suo lavoro, il suo impegno, il suo guadagnarsi il pane con il sudore della fronte”. La terza: “Ciò che ti consacra degno è il lavoro. Il più grande tradimento di questo cammino di dignità è lo sfruttamento. Non la terra affinché produca di più, ma lo sfruttamento del lavoratore. Sfruttare le persone è uno dei peccati più gravi. E sfruttarlo a tuo vantaggio. I miei dati sullo sfruttamento del lavoro nel mondo sono molto ampi. E questo è molto difficile”.

Mi sembra che solo in questo modo si possa capire anche la frase che è stata più citata in queste ore e relativa al celibato obbligatorio per tutti i religiosi. Il papa ha detto chiaramente che essendo soltanto una disciplina può essere cambiata, non è un dogma di fede, ma lui ora non si sente pronto a farlo. Senza tener conto di tutto quel che abbiamo detto sin qui è difficile capire perché non si senta pronto.

Ma la frase davvero decisiva l’ha pronunciata sul tema, anch’esso delicatissimo, degli omosessuali e dei divorziati risposati ed è mio avviso la sintesi perfetta di quanto sin qui riferito: “tutti sono figli di Dio e ognuno cerca Dio e lo trova, nel modo in cui può. Dio tiene lontani solo i superbi, il resto di noi peccatori è in linea”. I superbi da una parte, “noi peccatori” dall’altra. Parole sulle quali credo che si farebbe bene un po’ tutti a riflettere davvero. Possibilmente con il minor grado di superbia che ci è possibile.


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