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Ideologia e polizia

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I sindacati di polizia della provincia di Torino, convocati dalla Commissione legalità dell’amministrazione, si ribellano perché il Consiglio comunale di Torino sarebbe condizionato da “una ideologia datata, fuori tempo e bocciata dalla storia”, come si legge in una nota congiunta di Siulp, Sap, Siap e Coisp.
Un’insolita e ideologica presa di posizione, si dirà. Ma perché questa… sparata?

I fatti di venti giorni fa
Lo scorso 3 ottobre, a Torino, fu organizzata una manifestazione studentesca di protesta in occasione dell’arrivo in città della Presidente del consiglio Meloni. Le forze dell’ordine usarono cariche e manganelli per disperdere i circa trecento studenti che vi partecipavano, tutti disarmati e a volto scoperto, causando alcuni feriti e identificando sessanta manifestanti.

La reazione 
In seguito a quegli eventi, nell’ODG 34/2023 del 9 ottobre (LINK: https://servizi.comune.torino.it/consiglio/prg/intranet/display_testi.php?doc=T-S202329513) il Consiglio comunale di Torino condannò l’operato della polizia con parole molto severe. Nel documento assembleare, approvato a maggioranza, oltre a un richiamo al T.U. delle Leggi di Pubblica Sicurezza, definito come un testo “che risale nel suo impianto generale al periodo fascista” (un aspetto peraltro inconfutabile), si legge che:

“Le cariche hanno colpito anche giornalisti e fotografi. Dalle testimonianze e dai video si evince che la Polizia abbia risposto agli insulti con cariche e manganellate”.
“Limitandosi al periodo di mandato di questa Amministrazione (dall’Ottobre 2021, ndr), non è la prima volta che a Torino si assiste ad atteggiamenti aggressivi delle Forze dell’Ordine nella gestione dell’ordine pubblico”

e si esprimeva

“preoccupazione” per l’adozione “di atteggiamenti aggressivi, rivolti ad una platea di manifestanti non armati e in molti casi minorenni”.
Infine l’Assemblea, dopo aver ricordato “quanto accaduto durante il G8 di Genova, le cui violenze sono rimaste largamente impunite”, chiedeva che il parlamento adottasse “la legge che prevede il numero identificativo per gli e le agenti delle Forze dell’Ordine impiegate in operazioni di ordine pubblico”.

Conclusioni
Apprendiamo dunque che ai sindacati di polizia torinesi non piace essere rimproverati dall’assemblea cittadina, un organo elettivo. Non piace loro nemmeno sentirsi dire che, come accade in quasi tutta l’Europa, sarebbe opportuno che i poliziotti fossero identificabili nell’esercizio delle loro funzioni di ordine pubblico. E infine non vogliono che gli si ricordi la mattanza genovese del G8 del 2001, una delle pagine più nere – in tutti i sensi – della recente storia repubblicana.

Insomma: pare di capire che chi rivendica il rispetto delle regole democratiche; chi invoca buon senso e proporzionalità nell’azione di tutela dell’ordine pubblico; chi ricorda il passato e ne fa tesoro nel presente; ecco: loro sarebbero fuori dalla storia; peggio: sarebbero stati condannati dalla storia stessa.

È certamente un’opinione legittima, ma non suona bene per niente.


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