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Al Community Hub di Orvieto Scalo, Paolo Borrometi lo scorso 30 settembre ha raccontato il suo ultimo libro“Traditori” ponendo
l’accento non tanto sui fatti che si trovano al suo interno ma sul senso di restituire quella verità che appartiene ad ognuno di noi e per cui vale la pena combattere. All’incontro sono intervenuti anche Stefano Corradino, Guido Barlozzetti, Enzo Nucci e Giuseppe Giulietti in
collegamento.
Gli anni del terrorismo e delle stragi hanno segnato un periodo buio della storia d’Italia su cui si è scritto e si è parlato, “Traditori” non
solo lo ricorda ma cerca di ricostruire gli eventi, di mettere ordine a eventi che sembrano ancora avvolti da misteri.
Paolo Borrometi é un giornalista la cui attività è stata sempre contraddistinta da lavori di denuncia, soprattutto contro le attività mafiose. Denunce che infatti portarono allo scioglimento del comune di Scicli per infiltrazione mafiosa.
l’accento non tanto sui fatti che si trovano al suo interno ma sul senso di restituire quella verità che appartiene ad ognuno di noi e per cui vale la pena combattere. All’incontro sono intervenuti anche Stefano Corradino, Guido Barlozzetti, Enzo Nucci e Giuseppe Giulietti in
collegamento.
Gli anni del terrorismo e delle stragi hanno segnato un periodo buio della storia d’Italia su cui si è scritto e si è parlato, “Traditori” non
solo lo ricorda ma cerca di ricostruire gli eventi, di mettere ordine a eventi che sembrano ancora avvolti da misteri.
Paolo Borrometi é un giornalista la cui attività è stata sempre contraddistinta da lavori di denuncia, soprattutto contro le attività mafiose. Denunce che infatti portarono allo scioglimento del comune di Scicli per infiltrazione mafiosa.
Nel corso della sua carriera é stato oggetto di minacce, aggressioni fisiche e intimidazioni, tanto da vivere sotto scorta dal 2014. Nonostante ciò continua a denunciare gli intrecci tra mafia, criminalità, politica presenti in varie realtà.
Borrometi spiega che il libro nasce sia dal ricordo di come la strage di Capaci abbia costretto a guardare ciò che stesse avvenendo in Sicilia e nel paese, sia dalla volontà di comprendere di come e se tali episodi si
trovassero all’interno di una strategia.
“Traditori é ancorato a note perché fosse chiaro che non è un romanzo ma è la storia del nostro paese a volte analizzata giornalisticamente”.
Il libro parte da quando in Sicilia per la prima volta vince alle elezioni regionali il blocco della sinistra. Allo scopo di non sconvolgere gli
equilibri e mantenere quelli nati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un bandito Salvatore Giuliano e la sua Banda il 1 maggio,
in provincia di Palermo, sparano a cittadini inermi. L’episodio rimarrà rilevante a distanza di anni perché ad oggi si conoscono i responsabili ma non i mandanti, anche se nel corso del tempo componenti della banda di Giuliano hanno rilasciato testimonianze che fanno risalire le responsabilità ad ambienti politici siciliani.
Oggi ufficialmente sulla questione é ancora lasciato il segreto di Stato.
“Questo è il paese dei segreti – commenta Borrometi – segreti che rimangono da molto, ma non ci può essere presente e futuro senza la
libera conoscenza del passato”.
“Da quella data comincia quello che poi sembrerà sistematico nel nostro paese: i depistaggi.”
Non si tratta di “teorie del complotto”, piuttosto Borrometi fa nomi e cognomi riportando date e documenti. Narra delle indagini sulla strage
di Bologna, depistate per mano di gruppi di giornalisti, soggetti dei servizi segreti, e da Licio Gelli per cui è stato condannato e riconosciuto nell’Aprile 2023 come mandante e finanziatore della strage.
Nel raccontare tali fatti l’autore si concentra molto sul “post”, come il non ritrovamento degli interrogatori di Aldo Moro o del contenuto
della cassaforte del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, dei pc di Falcone manomessi dopo la strage di Capaci e della scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino. Tutti fatti che ancora oggi non sembrano avere risposte.
L’autore sostiene che sia fondamentale la ricerca della verità per perseguire il diritto di ogni città o ad essere informato. Il libro è stato
però scritto soprattutto per “far capire che la responsabilità è anche nostra. Il massimo problema è la rassegnazione, perché vivere con
delle verità di comodo assolve anche noi stessi.” Per rassegnazione Borrometi intende la tendenza a non cercare oltre, ad accontentarsi a
un tipo di narrazione senza interessarsi dei fatti.
“Finché cercheremo atti di eroismo sempre nella persona che abbiamo davanti perché non riusciamo a essere cittadini noi stessi allora siamo destinati alla rassegnazione. Questo libro perché io non mi rassegno all’idea che qualcuno debba decidere per noi”.
Borrometi spiega che il libro nasce sia dal ricordo di come la strage di Capaci abbia costretto a guardare ciò che stesse avvenendo in Sicilia e nel paese, sia dalla volontà di comprendere di come e se tali episodi si
trovassero all’interno di una strategia.
“Traditori é ancorato a note perché fosse chiaro che non è un romanzo ma è la storia del nostro paese a volte analizzata giornalisticamente”.
Il libro parte da quando in Sicilia per la prima volta vince alle elezioni regionali il blocco della sinistra. Allo scopo di non sconvolgere gli
equilibri e mantenere quelli nati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un bandito Salvatore Giuliano e la sua Banda il 1 maggio,
in provincia di Palermo, sparano a cittadini inermi. L’episodio rimarrà rilevante a distanza di anni perché ad oggi si conoscono i responsabili ma non i mandanti, anche se nel corso del tempo componenti della banda di Giuliano hanno rilasciato testimonianze che fanno risalire le responsabilità ad ambienti politici siciliani.
Oggi ufficialmente sulla questione é ancora lasciato il segreto di Stato.
“Questo è il paese dei segreti – commenta Borrometi – segreti che rimangono da molto, ma non ci può essere presente e futuro senza la
libera conoscenza del passato”.
“Da quella data comincia quello che poi sembrerà sistematico nel nostro paese: i depistaggi.”
Non si tratta di “teorie del complotto”, piuttosto Borrometi fa nomi e cognomi riportando date e documenti. Narra delle indagini sulla strage
di Bologna, depistate per mano di gruppi di giornalisti, soggetti dei servizi segreti, e da Licio Gelli per cui è stato condannato e riconosciuto nell’Aprile 2023 come mandante e finanziatore della strage.
Nel raccontare tali fatti l’autore si concentra molto sul “post”, come il non ritrovamento degli interrogatori di Aldo Moro o del contenuto
della cassaforte del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, dei pc di Falcone manomessi dopo la strage di Capaci e della scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino. Tutti fatti che ancora oggi non sembrano avere risposte.
L’autore sostiene che sia fondamentale la ricerca della verità per perseguire il diritto di ogni città o ad essere informato. Il libro è stato
però scritto soprattutto per “far capire che la responsabilità è anche nostra. Il massimo problema è la rassegnazione, perché vivere con
delle verità di comodo assolve anche noi stessi.” Per rassegnazione Borrometi intende la tendenza a non cercare oltre, ad accontentarsi a
un tipo di narrazione senza interessarsi dei fatti.
“Finché cercheremo atti di eroismo sempre nella persona che abbiamo davanti perché non riusciamo a essere cittadini noi stessi allora siamo destinati alla rassegnazione. Questo libro perché io non mi rassegno all’idea che qualcuno debba decidere per noi”.