La mafia ha ucciso il Generale Dalla Chiesa, ma fu soltanto mafia?

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Sono le 21.15 del 3 settembre di 41 anni fa, all’improvviso il massacro: un commando di almeno otto persone fa fuoco con micidiali raffiche di AK-47.
Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (uno dei servitori migliori che questo Paese ha avuto) fu ritrovato abbracciato alla moglie, nell’ultimo, disperato gesto di farle da scudo. Un tentativo vano, perché Emanuela Setti Carraro fu colpita per prima e contro di lei fu esploso anche un colpo di grazia alla testa.
L’agente di scorta Domenico Russo morirà dodici giorni dopo in ospedale.

Non basta però raccontare la tragica cronaca di quei momenti per rendere loro piena verità.
Ho tentato di ricostruire le omissioni, le mancanze, i depistaggi nel mio libro, Traditori, sottolineando la denuncia del figlio, Nando Dalla Chiesa, oggi professore universitario e grande esperto di mafie.

Perché negli stessi istanti in cui uccidevano il prefetto, nessuno sarebbe potuto entrare a Villa Pajno (sede della Prefettura di Palermo). Non ci riuscì neanche lui, il professor Nando Dalla Chiesa, arrivato a Palermo a notte fonda.

Eppure qualcuno ci riuscì. L’ennesima “manina” appartenente ad una sconosciuta “ditta delle pulizie post stragi”. E quando i parenti del prefetto e della moglie furono fatti entrare l’incredibile scoperta: prima la chiave della cassaforte che non si trova poi, quando miracolosamente ricomparì, la “manina” aveva svuotato la cassaforte, al cui interno fu lasciata soltanto una scatola di carta, vuota.
Incredibile ma vero.
Questo e tanti altri punti assai poco chiari (come le parole di Riina anni dopo) ho cercato di raccontarli e ricostruirli giornalisticamente nel mio libro.

Perché la domanda è: la mafia li ha uccisi, ma fu soltanto mafia? E quella manina di chi fu? Dei soliti traditori?


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