Dubito fortemente che il saggio di questo generale Vannacci, fra qualche mese, sarà ancora in testa alle classifiche. Sta vendendo, e tanto, per via del battage pubblicitario che ha ricevuto in questi giorni, il suo autore è assurto a idolo di una certa stampa di destra, la quale sembra aver trovato in lui una sorta di ideologo, o quanto meno una personalità in grado di dire e scrivere ciò che molti da quelle parti, evidentemente, pensano ma non hanno il coraggio di esprimere, e sta caratterizzando il dibattito pubblico, se non altro perché pone degli i interrogativi. Può, ci si domanda, un generale dell’esercito compiere affermazioni che si discostano così tanto dai principî costituzionali? Può continuare a ricoprire quel ruolo dopo averle espresse? Come bisogna comportarsi con un personaggio del genere? La mia natura di liberale mi impone di non auspicare censure e bavagli nemmeno in questo caso, benché il dissenso nei confronti del soggetto in questione sia da parte mia totale e misto pure a un significativo sgomento.
Anche il libro sulla mafia nigeriana e le sue caratteristiche, scritto qualche anno fa dal trio Meloni-Meluzzi-Mercurio, dove la prima non è un’omonima della presidente del Consiglio ma è proprio lei, come vedete, non è passato alla storia. Riporta tesi alquanto singolari, d’accordo, corredate da argomentazioni che in alcuni casi riecheggiano quelle del generale Vannacci, d’accordo anche su questo, ma non è per via di quel volumetto che la leader di Fratelli d’Italia è riuscita a conquistare Palazzo Chigi.
Se vogliamo comprendere le ragioni profonde di ciò che sta accadendo nel ventre del Paese, dobbiamo citare invece una terza opera, di ben altra levatura, scritta dall’ex direttore di Repubblica, Ezio Mzuro. Ne “L’uomo bianco”, infatti, Mauro tratteggia da par suo le caratteristiche dell’Italia dopo i fatti di Macerata, quando Luca Traini si trasformò in giustiziere della notte andando a caccia di immigrati da uccidere per vendicare, a suo dire, l’omicidio di Pamela Mastropietro. Ecco, questo è il punto.
Se siamo arrivati fin qui non è solo perché la destra fa la destra, e quella estrema ancor di più, ma anche perché la sinistra non ha mai fatto il suo dovere, ad esempio varando una seria legge sullo Ius soli o parlando di accoglienza e integrazione in termini radicalmente opposti non solo rispetto a quelli di Salvini, e ci mancherebbe altro, ma anche a quelli di Minniti, fiore all’occhiello del governo Gentiloni che, di fatto, e ci spiace doverlo ammettere, ha spianato la strada a una certa retorica che abbiamo visto in azione, ad esempio, durante il primo governo Conte.
Se questo Vannacci ha avuto tanta eco mediatica, dunque, è perché ha trovato terreno fertile. E se ha trovato terreno fertile, è inutile negarlo, è colpa nostra. È colpa nostra non tanto per le opere quanto per le omissioni, è colpa nostra per le leggi che non abbiamo varato, è colpa nostra perché non abbiamo mai trasformato la scuola in un luogo in cui si appianino davvero le differenze e si contrastino le disuguaglianze, è colpa nostra perché abbiamo contrastato, talvolta addirittura in maniera disumana, chiunque ci abbia provato ed è colpa nostra perché non abbiamo fatto nulla per prosciugare lo stagno di malessere, disillusione e disincanto in cui prosperano fascismi, razzismi e forme discriminatorie di varia natura. È colpa nostra e non ce ne rendiamo nemmeno conto, continuando a combattere una battaglia che, con questi argomenti secondari e questa indignazione di maniera, siamo destinati a perdere.
Esistono ormai due Italie divise e nemiche, nel contesto di una polarizzazione che va ben al di là della contrapposizione di un tempo fra berlusconiani e anti-berlusconiani. Come ha sottolineato Avvenire, c’è un che di trumpiano in questo “scontro di civiltà” fra universi che non riconoscono più la legittimità l’uno dell’altro, fino a generare un livello di tensione sociale e civile che, in assenza di una politica adeguata e in grado di contrastare le spinte disgregatrici, può condurre a tragedie come quella verificatasi, per l’appunto, a Macerata.
Qui non si tratta più di stabilire se siano fascisti o meno: per assurdo, sarebbe il problema minore. Qui si tratta di capire dove possa condurre questa rivoluzione regressiva mondiale che rischia, fra poco più di un anno, di impadronirsi dell’intero Occidente, mentre una sinistra rimasta agli anni Novanta continua a vaneggiare di blairismo, Terza via, centrismo, moderatismo variamente assortito e a non dotarsi di un’ideologia moderna e all’altezza al cospetto di una destra ultra-ideologica che sa bene chi è, da dove viene e cosa vuole e non si vergogna minimamente nemmeno dei suoi esponenti più discutibili.
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