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2 agosto. Per Bologna, la strage, fascista era e fascista resta

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Sono trascorsi quarantatré anni dalla Strage della Stazione di Bologna, era il 2 agosto 1980, ore 10.25, quando scoppiò la bomba a tempo contenuta in una valigia abbandonata nella sala d’aspetto di seconda classe dai terroristi neri: Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini, condannati con sentenza definitiva, Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, in primo grado. Nell’attentato morirono 85 persone e 216 furono i feriti.

Se oggi si conoscono anche i nomi dei mandati, organizzatori e finanziatori, Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti appartenenti alla P2 del Venerabile di Castiglion Fibocchi, è merito delle importanti iniziative dell’Associazione familiari delle vittime della Strage, presieduta da Paolo Bolognesi, che hanno fatto diventare leggi: l’abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo e il depistaggio reato penale; della tenacia dell’avvocato Andrea Speranzoni e di alcuni magistrati che non hanno mai smesso di indagare nonostante istituzioni deviate e a quei politici di destra disposti a tutto pur di cancellare dalla lapide la scritta “strage fascista”; di tutti i cittadini che il 2 agosto sfilano dietro allo striscione “Bologna non dimentica”.

La strage del 2 agosto è stato l’atto terroristico più grave avvenuto nel secondo dopoguerra. Da quel giorno l’Italia non è stata più la stessa. Nonostante i quarantatré anni trascorsi e le verità emerse, c’è chi, in Parlamento, vuole ancora mettere in discussione tutto ciò che è stato fatto. La maggioranza di Governo, all’inizio di luglio, ha chiesto di istituire una Commissione parlamentare allo scopo di riscrivere la storia degli anni del terrorismo e della strategia della tensione proprio nel momento in cui sono uscite le motivazioni della sentenza del processo ai mandanti della Strage che fanno luce sull’intreccio tra eversione nera, P2, e settori deviati dello Stato. Ma non è finito qui, alla vigilia della commemorazione, Fratelli d’Italia con il deputato Federico Mollicone, che da sempre porta avanti la pista palestinese come matrice dell’attentato, ha fatto un’interpellanza alla presidente Meloni e ai ministri dell’Interno e della Giustizia, Piantedosi e Nordio, chiedendo di rivelare i documenti su Abu Saleh, esponente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, a disposizione del Governo, riguardanti il periodo giugno-ottobre 1980. Così ha risposto Paolo Bolognesi all’iniziativa di Mollicone: “Ha l’unico obiettivo di ingarbugliare la verità sui processi d’appello dei terroristi neri Cavallini e Bellini”. Tesi, quella della pista palestinese sempre accantonata dalla magistratura e recentemente bocciata durante la requisitoria del sostituto procuratore Nicola Proto nel processo d’appello di Cavallini.

Se i documenti richiesti dal deputato di Fratelli d’Italia esistessero veramente sarebbero già, per legge, desecretati, per consultarli non ci sarebbe bisogno di richiederli. Tutto ciò accade sempre alla vigilia delle iniziative del 2 agosto. Nel luglio 2020, sempre un esponente del partito della Meloni, Adolfo Urso, oggi ministro dello Sviluppo economico, durante un convegno organizzato dalla Fondazione Farefuturo, da lui presieduta, pose dieci domande pubbliche allo scopo di rilanciare, ancora una volta, la pista palestinese, immediatamente ribattute dall’agenzia AdnKronos. A tutto ciò, che ha come unico obiettivo quello di allontanare la verità, ha risposto il presidente della Repubblica Mattarella, durante la cerimonia del Ventaglio, con parole inequivocabili, purtroppo sottovalutate dai media e ritenute solo riferite alla richiesta, fatta sempre dalla maggioranza di Governo, di istituire una Commissione parlamentare sulla gestione dell’emergenza Covid, recentemente approvata dalla Camera.

Articolo 21 si unisce all’Associazione presieduta da Bolognesi nella convinzione che il presidente abbia avuto ben presente, nel pronunciarsi, anche la richiesta di una Commissione sulle Stragi in contrapposizione al lavoro dei magistrati. “Iniziative di inchieste”, ha detto Mattarella, “con cui si intende sovrapporre attività del Parlamento ai giudizi della Magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate. Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della Magistratura”. Mai come ora bisogna stare attenti, è in gioco, non solo la ricerca di verità e giustizia ma la democrazia del nostro Paese.


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