Attenzione, perché lo schema seguito nei confronti del Reddito di cittadinanza è lo stesso cui stiamo assistendo adesso nei confronti della scuola.
Quando venne introdotto il Reddito, misura assolutamente di sinistra e nell’interesse delle fasce sociali più deboli che la sinistra, ancora in preda alla sbornia blairiana, si era ben guardata dal varare, i soliti noti cominciarono a parlare di “paghetta di Stato” e “premio ai fannulloni”. Poi arrivò la pandemia e, per qualche mese, sia gli scettici che i soggetti in palese malafede furono costretti a tacere, dato che il Reddito aveva tenuto a galla le persone più in difficoltà, in una fase storica nella quale l’economia italiana era letteralmente in ginocchio e non si contavano le attività commerciali e imprenditoriali costrette a chiudere. Infine arrivarono i “Migliori”, sostanzialmente un insieme di liberisti, ancora convinti che le teorie economiche degli anni Ottanta, strafallite in ogni angolo del mondo, siano il non plus ultra, ed ecco che molte delle misure di welfare varate dai 5 Stelle e, in parte, dal PD e dalla sinistra nel corso del Conte II hanno subito un progressivo smantellamento. Infine, è arrivata questa destra e siamo giunti al punto che centosessantanovemila famiglie si sono ritrovate senza alcun sostegno, avvisate via SMS della scelta dell’esecutivo, mentre l’inflazione viaggia a due cifre, distruggendo il potere d’acquisto del ceto medio e gettando nella disperazione chi già stava scivolando verso la povertà.
Fin qui abbiamo elencato le colpe della classe politica. Adesso parliamo un po’ della nostra categoria, responsabile più di ogni altra del degrado morale, culturale, civile e, di conseguenza, politico del Paese. Mi spiace dirlo, ma o avremo il coraggio di puntare il dito innanzitutto contro noi stessi, i nostri cedimenti, la nostra acquiescenza alla vulgata corrente e il nostro continuo assecondare lo spirito del tempo anziché tenere la schiena dritta e la testa alta o non avremo alcun diritto di contestare i non pochi disastri compiuti da altri.
Ve li ricordate i servizi sui “furbetti del Reddito”? Mesi e mesi a dar conto, ogni giorno, di truffe che certamente devono essere esecrate ma che sappiamo tutti, a cominciare dagli autori di determinati reportage, che riguardano una parte minima dei percettori del Reddito di cittadinanza. Abbiamo battuto ciglio per caso? Ci siamo scagliati contro una narrazione distorta e propagandistica della realtà? Abbiamo chiesto conto ai colleghi del loro atteggiamento, appellandoci alla deontologia professionale che dovrebbe caratterizzare chiunque svolga questa professione, al netto delle sue idee politiche? Salvo rare eccezioni, no.
Ebbene, ora è arrivato il momento della scuola. D’improvviso qualcuno scopre che esistono i diplomifici: luoghi che andrebbero chiusi e smantellati, costituendo la negazione stessa del concetto di istruzione e di preparazione, d’accordo, ma vi siete domandati il perché? Perché, da un giorno all’altro, sono partiti la caccia al tremendo studente discolo, il contrasto nei confronti di ogni bravata, comprese le fesserie che tutti abbiamo commesso da ragazzi, la difesa a oltranza di un certo tipo di insegnanti, l’esaltazione delle prove INVALSI, neanche fossero il Vangelo, la condanna senza appello dei buoni voti conseguiti da studenti e studentesse alla Maturità, insinuando di fatto il sospetto che siano stati regalati, in opposizione all’esito dei summenzionati quiz a crocette, e adesso l’assalto ai diplomifici? Perché si fa un gran parlare di voto di condotta, di più severità nelle valutazioni, di esami di riparazione ad agosto e di tutta una serie di misure che, inevitabilmente, provocheranno altro stress nel mondo già sfiancato della scuola? Al netto del solito occhio di riguardo all’indirizzo delle private (dimenticandosi, evidentemente, che i diplomifici sono tutti privati), saremo mal pensanti, ma a noi sorge il dubbio che si voglia mettere in discussione quel clima di collaborazione, dialogo e rispetto reciproco che si era instaurato negli anni precedenti. Non a caso, incredibile ma vero, la maggioranza, e in particolare Fratelli d’Italia, non fa altro che chiedere commissioni d’inchiesta contro esponenti dell’attuale opposizione. Vengono chiamati in causa Conte e Speranza per la gestione dell’emergenza Covid, Lucia Azzolina, che peraltro oggi non è neanche in Parlamento, per la questione dei banchi a rotelle e adesso Tridico, ex presidente dell’INPS, per i presunti omessi controlli sull’erogazione del Reddito di cittadinanza, il tutto in un crescendo rossiniano di accuse che sarebbero grottesche se non ci fosse in ballo lo strapotere del governo nei confronti di una minoranza divisa e silente.
Vedete, noi siamo contrari a qualsivoglia forma di complottismo, ma siamo altresì coscienti che per porre la democrazia su un piano inclinato non sono necessarie azioni eclatanti come in passato: bastano tante gocce che scavano la pietra, un’opposizione priva della tensione etica necessaria per svolgere il suo mestiere, la perdita del senso storico e delle radici di determinate vicende, un’informazione ridotta nelle condizioni che vediamo e un’opinione pubblica terrorizzata per il proprio futuro e poco incline a manifestare e rivendicare i propri diritti. Il resto vien da sé, nella derisione sistematica dei pochi che osano dire le cose come stanno e nel costante invito a “dialogare” e a “non esagerare” di chi si sente tanto furbo o pensa di poter cavalcare l’onda. Li conosciamo. E se siamo arrivati a questo punto, è soprattutto a causa della loro pavidità e della loro ignoranza storica.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21