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In morte di Fakhri Marouane, che aveva visto (e denunciato) tutto sul pestaggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

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Quando accadde, quando il detenuto Fakhri Marouane si era dato fuoco nel tentativo (allora fallito) di suicidarsi nel carcere di Pescara, la sua storia non fu ritenuta di quelle strappalacrime degne di risalire la china fino ad arrivare in tutte le prime pagine. Ed è dunque rimasta sulle edizioni locali. Fakhri Marouane però non era solo l’ennesimo detenuto che cerca di ammazzarsi in una cella delle prigioni italiani, il che già è grave perché i casi sono di un numero esorbitante. Lui è stato uno testimoni chiave delle violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020 e due mesi fa, a soli 30 anni, ha cercato di darsi fuoco; per via delle ustioni gravissime era stato trasferito presso il Policlinco di Bari dove due giorni fa è morto. La notizia è stata data dal suo legale, l’avvocato Lucio Marziale. Marouane era uno dei molti detenuti aggrediti e pestati quel tremendo pomeriggio di tre anni fa, una vicenda su cui è in corso un difficile processo davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Era considerato uno dei testimoni chiave che, adesso, non potrà dire più nulla. La sua storia da subito è stata considerata emblematica dell’accaduto, fu, in quelle ore terribili,  tra i detenuti che subirono le maggiori “attenzioni” di alcuni agenti della polizia penitenziaria ritenuti responsabili dei pestaggi sia in base ad alcune immagini video che per molte testimonianze. Lui fu uno di quelli costretti a muoversi sulle ginocchia, venne colpito alla testa con un manganello quando rimase solo in una delle stanza delle torture, venne persino costretto ad inginocchiarsi davanti a un agente. I dettagli di questa storia sono emersi già negli atti del rito abbreviato scelto da due agenti imputati (poi assolti), carte incentrate sulle lesioni procurate al giovane marocchino che aveva anche reso due testimonianze alla Procura che ha indagato sul caso del carcere sammaritano, interrogatori risultati poi determinanti ai fini della richiesta del giudizio per i poliziotti picchiatori. Marouane disse pure ciò che aveva subito a partire dal 10 marzo, giorno in cui entrò nel carcere casertano. Dopo lo scandalo dell’inchiesta sui pestaggi il giovane immigrato era stato trasferito nel carcere di Pescara ma a maggio 2023, dopo un richiamo disciplinare avuto qualche giorno prima, si è dato fuoco. Il fratello di Marouane ha presentato denuncia perché si faccia chiarezza sulle cause che hanno portato il detenuto a perdere il controllo nel carcere di Pescara, per verificare se ci siano state altre responsabilità. Il dibattimento sul pestaggio del 6 aprile 2020 riprenderà a settembre.

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