Il giorno in cui sono arrivata al Festival del Giornalismo di Ronchi dei Legionari da invitata ad un dibattito sull’aborto ho scoperto di avere un autista che mi avrebbe accompagnata in aeroporto e in hotel, come i giornalisti importanti. E ho dato subito la “colpa” a questo benedetto libro su Antonia e al suo aborto sfortunato, che mi hanno catapultata fin quassù, dentro una bella atmosfera di riflessione sui diritti, sull’informazione che facciamo e che potremmo rifondare. Il tassista, anzi l’accompagnatore, cui sono stata affidata è una donna ed è una dei molti volontari che stanno alla base stessa del festival. Si chiama Lorena Boscarol e mi saluta con una robusta stretta di mano e lo slang del profondo nord che noi di Roma e dintorni fingiamo di comprendere, sapendo che, in realtà, non riusciremmo a ripetere nemmeno mezza frase e un po’ di ciò che sentiamo ci sfugge. Il taxi è un’utilitaria rossa. Mentre ci inoltriamo nel centro, Lorena mi riassume la storia della città. Io mi soffermo sulle scritte in doppia lingua dei cartelli stradali, simbolo delle terre di confine come questa, con la Slovenia che ti guarda da vicino. Impossibile evitare di pensare ai taxi di Roma, trovarli è un esperimento sociale, salirci su è un’esperienza professionale durante la quale scopri l’esistenza delle radio dei tifosi che, 24 ore su 24, parlano delle due squadre di calcio della capitale.
Lorena mi chiede: “Lei di cosa si occupa?” . Così su due piedi non so cosa dirle, cioè non saprei da dove cominciare. Rispondo che ultimamente, per Articolo 21, seguo i nodi dei diritti civili in Italia, specie la libertà di espressione che è messa un po’ male, ma,, nello stesso tempo, continuo a scrivere molto di giudiziaria per il mio giornale, nel centro Italia che sembra molto più a sud. Io sono convinta che la mia “autista” e accompagnatrice sia un’insegnante, delle scuole medie forse, di Storia probabilmente. Di rimando glielo chiedo: “E lei, Lorena, cosa fa nella vita?”. La sua risposta mi cambierà tantissimo, nei miei propositi e nell’idea che mi ero fatta del viaggio, del Festival, degli incontri, di Ronchi, della Slovenia, del Nord, del Sud, della cronaca nera, delle priorità mie e degli altri, del mondo che ci gira intorno.
Lorena infatti mi dice: “Io faccio la lettrice ad alta voce”!
“Cosa… cos’è esattamente fare la lettrice ad alta voce?”
“Beh.. io leggo brani di libri, di racconti brevi, di favole ad alta voce per gruppi di adulti che frequentano la biblioteca o incontri di lettura. Più spesso lo faccio per bambini. Ai più piccoli leggo libri illustrati, sono attenti e curiosi, specialmente i bimbi stranieri. Comunicare con le immagini rende la comprensione più facile e aiuta l’integrazione”.
“Ma… cioè … lei sulla sua carta di identità ha scritto, alla voce professione, ‘lettrice ad alta voce’, proprio questa definizione? No, perché se è così è davvero bellissimo”!
Lorena sorridendo: “Purtroppo no. Però conosco un altro lettore volontario che ha chiesto al Comune di residenza di mettere questa qualifica sulla carta d’identità”.
“Però… come si diventa ‘lettore volontario ad alta voce’? Si fanno dei corsi, c’è un titolo da conseguire. E soprattutto: chi chiama un lettore ad alta voce?”
Ora è lei che mi guarda strano. “Sì, ci sono dei corsi. Io ho cominciato seguendo un seminario formativo presso la nostra biblioteca. Era il periodo in cui ho chiuso il negozio di artigianato di famiglia e stavo cercando qualcos’altro. Poi, certo, devi approfondire la preparazione. Ho seguito corsi di dizione, di teatro e poi ci si appassiona ed eccoci qui. Da queste parti esiste un circuito, promosso dal CCM (Consorzio culturale del Monfalconese) e le biblioteche organizzano diversi appuntamenti di letture per adulti. Ecco, quelli sono posti in cui vado io a leggere. Oppure nelle scuole”.
“Mi dica dove a leggere a breve, tipo la settimana prossima?”
“Ah, questa estate andrò spesso a Ruda, qui vicino, un paese grazioso. Saranno letture dirette ai bambini ma verranno anche gli adulti. E’ bello vedere quanti bambini vengano agli appuntamenti di lettura, quasi tutti accompagnati da genitori e nonni”.
Per un momento ho la sensazione che Lorena mi stia raccontando una favola e non la realtà, che questo Ruda non esista e sia solo la trasposizione di “Funghetto nel boschetto”, che queste cose non esistono se non nella mente di pochi illusi come noi che stanno dentro i dibattiti di un festival che spera di cambiare in meglio il giornalismo, di migliorare il racconto di storie drammatiche e oscurate per scelta, talvolta per pigrizia, più spesso per convenienza con la scusa che non sono di tendenza. Invece lei, Lorena, ha sfalzato il piano, ha messo in disordine quel che sembrava funzionare, il sistema binario delle priorità messo in crisi dalla lettura ad alta voce per bambini in piccoli posti assai frequentati. E inoltre… Ruda esiste eccome. E le letture per bambini anche; si tengono dentro spazi urbani riadattati e sono previsti anche spuntini per i partecipanti. Domani torno a Roma e se prendo un taxi credo che interromperò l’ascolto delle trasmissioni di calcio per comunicare questa storia di Ruda al tassista. Così, tanto per scombussolare i piani.
Uno degli album più noti di Francesco De Gregori (che ha una canzone buona per ogni situazione) si intitola “Per brevità chiamato artista”. Nei concerti egli stesso spiega al pubblico che quella è la formula con cui nei contratti si indica il cantante, non avendo altri termini utili all’uopo nella stipula dell’accordo economico. Ho detto a Lorena che De Gregori spiega gli arcani meglio di chiunque altro e che, sì, credo che come artisti si somiglino molto.
*Ronchi dei Legionari da più anni è “città che legge”, con il contributo del Centro per il libro e la lettura che organizza ogni anno la Campagna Nazionale di promozione della lettura II Maggio dei Libri.
(Nella foto, gentilmente concessa da Luigina Bonetti, Lorena Boscarol)