I morti meritano rispetto. Ma rispetto non vuol dire incensare, tanto da trasformate gli omaggi in derisioni. Ora, che Silvio Berlusconi lo si voglia beatificare, farlo ‘santo subito’ o ritenerlo quasi un messia sorto nel 1994 con la sua ‘predicazione’, che lo facciano i suoi eredi politici ci sta, ma che gli riconosca questi meriti chi non volle o non seppe contrastarlo assumendo precise responsabilità politiche, beh questo sì preoccupa. È vero che uno degli sport nazionali preferiti è la memoria corta, ma come si fa a dimenticare, a ignorare, a omettere completamente alcune perle dell’azione politica berlusconiana che non furono solo le intricate vicende giudiziarie dalle quali non uscì sempre pulito, come qualcuno tenta di far credere, ma altre scelte molto più incisive per la storia politica del nostro Paese. Ne ricordiamo qui solo alcune, per carità di patria: il rifiuto a festeggiare la festa della liberazione, il 25 aprile; gli editti bulgari per cacciare dalla Rai Santoro, Biagi e Luttazzi; il G8 di Genova con il massacro della scuola Diaz; le dita puntate come mitra o pistole contro i giornalisti rei di aver fatto qualche domanda ‘scomoda’ al suo grande amico Putin. Altre meno rilevanti, ma altrettanto indicative della sua personalità: la parata di plastica a Pratica di Mare per la Nato, con il ricordo dei grandi Romolo e Remolo; la cancelliera Merkel definita senza mezzi termini in….vabile; il cucù da dietro una colonna in un altro consesso internazionale; l’infaticabile attività di barzellettiere. È anche vero che su tutto questo è stato costruito il suo carisma e anche grazie a questo è stata devastata quella ‘gioiosa macchina da guerra’ che uscì con le ossa rotte dal confronto politico con lui, con tanti ‘gioiosi’ che ancora continuano a restare rinchiusi in casa e preferiscono non andare a votare. Il ventennio berlusconiano ora si cercherà di inserirlo nella storia d’Italia come uno dei più significativi, senza ovviamente mai ricordare quale gigantesco conflitto d’interessi ha contraddistinto la sua attività istituzionale e quella imprenditoriale. Mai in precedenza si era vissuta una situazione del genere e chi avrebbe dovuto opporsi lo ha fatto con una tale timidezza e prudenza che non se ne è fatto mai niente. Ora rimangono le macerie politiche di quel ventennio, con i neofascisti al governo, la stessa Forza Italia da lui creata messa ai margini, avvoltoi appollaiati per cercare di impadronirsi della sua area d’influenza, cosiddetti moderati che cercano di becchettare le briciole lasciate sul terreno. Se questo è il quadro desolante, con l’incapacità di gestire adeguatamente il PNRR, l’irrilevanza internazionale, nonostante le tante comparsate della premier, cosa si aspetta a denunciare l’uso da agenzia governativa di quella che sulla carta è ancora un’Azienda di Servizio Pubblico, come la Rai, che non può o non vuole più raccontare da testimone obiettivo quel che accade nel Paese? Berlusconi, che poteva permettersi un’azienda propria, non aveva l’assoluta necessità di occupare completamente la Rai. Questi che governano oggi lo stanno facendo utilizzando anche finte ‘masserie’ trasformate in tribune di destra, false conferenze stampa senza contraddittorio, in cui parla solo la presidente del Consiglio, querele temerarie contro chiunque dica qualcosa che non vada a genio ai vari ministri. Arriveremo a rimpiangere la gestione del potere di Berlusconi? Sì, se non si riuscirà a fermare la deriva autoritaria che caratterizza molti atti dell’attuale governo. Tra questi atti, anche la decisione di disporre i funerali di stato per un uomo quanto meno controverso. Forse l’unico precedente per una cerimonia così solenne riservata ad un ex presidente del Consiglio – visto che non esiste una norma specifica – risale a 69 anni fa. Quel precedente aveva il nome di Alcide De Gasperi, Il suo feretro venne trasferito in treno, attraverso tutta l’Italia, dal Trentino a Roma per le esequie più solenni. Meriti in comune? Uno, forse. De Gasperi sconfisse il comunismo; Berlusconi quel che di quell’ideologia ne era rimasto, anche se ha continuato ad esorcizzare qualcosa che ormai esisteva solo nelle sue parole.
Per tutte queste ragioni, visto che per il 14 giugno è stato anche proclamato il lutto nazionale, viviamolo come il primo momento di riflessione sul buio che sta calando sulla nostra democrazia.