“Lui fissò la sopraelevata oltre il balcone continuando a masticare; la Giovelli scrutò un centimetro di pavimento ed entrambi furono tanto concentrati a cercare le risposte e le domande che sparirono dalla stanza. Non seppi come riempire il silenzio. “Può capitare” disse lei con una voce diversa, tornata da un viaggio “che le cose sbagliate siano invisibili a occhio nudo, siano sbagliate di poco, quasi niente, ma è quel quasi”.
Margherita è nata nel 1990, discendente di una delle tante famiglie che lasciarono il Veneto per trasferirsi in Lombardia nel dopoguerra. E’ cresciuta in Brianza, una provincia ricchissima, traboccante di asfalto, centri commerciali, capannoni e una devozione religiosa al lavoro che sembra l’unico parametro di definizione identitaria.
Eppure Margherita, fin da bambina mostra un approccio diverso alle cose, è solita farsi domande che gli altri non si pongono. Ha una famiglia troppo intenta a spezzarsi la schiena per accorgersi di lei, e, una volta cresciuta, è sfiancata da una vita di precariato e lavoretti senza prospettiva in cui non si riconosce e guarda a Milano come ad una terra promessa.
Vorrebbe fuggire nel capoluogo lombardo che neppure conosce e fare la giornalista, forse l’unico modo per far sentire la sua voce, uscire da quel circuito chiuso cui sembra essere destinata in quanto donna, da quel gorgo fatto di piccoli, ripetuti episodi di violenza e strapotere che sono ‘quasi niente’, ma che insieme costituiranno quel ‘tutto’ che ha sempre rifiutato e dal quale voler prendere le distanze. Intorno a lei personaggi ambigui, forse non più felici ma che hanno certamente smesso di farsi domande e trovato il loro posto in quel mondo.
Con ‘Quasi niente sbagliato’, edito da Bollati Boringhieri, in libreria dallo scorso 18 aprile (192pp, 16 Euro), romanzo menzione speciale all’ultimo premio Italo Calvino, la giovane Greta Pavan, una scrittrice davvero promettente, traccia il profilo non solo di Margherita ma di un’intera generazione alla ricerca di una identità, in un momento segnato da forti cambiamenti. Milano rappresenta per la protagonista la salvezza, la via d’uscita da quel mondo fatto di rivalsa con il quale sente di non condividere niente.
La storia si compone di tanti capitoli che portano continuamente il lettore avanti e indietro nel tempo tra i 6 e i 22 anni di Margherita, tra il 1996 e il 2012. Quella della Pavan è una narrazione ‘scomposta’, una serie di episodi frammentari, non in ordine cronologico, quasi l’autrice volesse astenersi dal giudizio, lasciando a chi legge la possibilità di ricomporre il puzzle.
Ogni capitolo ha una struttura a sé e la forza di un racconto autonomo. L’insieme è un romanzo di formazione pieno di consapevolezza, uno spaccato generazionale, una storia sull’appartenenza e sull’affermazione di sé, splendido e disperato caratterizzato da una narrazione accurata, minuziosa, quasi documentaristica, che non cede mai all’emozione, raccontando tutto con distacco e spietato disincanto.