Nel mondo di chi parla ( i talk show in mano ai tuttologi) la tragedia in Emilia Romagna ha riproposto le reazioni già viste in occasioni precedenti. Grande partecipazione emotiva a fianco delle vittime ma subito dopo il consueto accavallarsi di voci, alcune sensate, altre connesse alle dinamiche della “tv del dolore”.
Nell’altro mondo mediatico, quello di chi scrive sul web o sulla carta, non sono mancati ragionamenti più accurati, approfonditi, utili. I temi della crisi climatica e della gestione del territorio, della mancata prevenzione, della cementificazione incontrollata sono emersi. Qualcuno ha cercato di mettere le due questioni in contrapposizione come se non fosse chiaro invece che il ripetersi di eventi eccezionali ( che tali non sono più) non imponesse ora e subito un impegno diretto per ridurre emissioni e dare parallelamente finalmente ascolto ai geologi. Ma anche questo dibattito tutto sommato ci sta: il confronto è fisiologico in democrazia.
Quello che invece risulta veramente duro da sopportare è un altro aspetto della faccenda. Il network comunicativo della destra ( che in tv e sui giornali svolge in Italia il ruolo di indirizzo ideologico che negli Usa hanno i think tank) è partito all’assalto. Contro chi? La loro narrazione si basa sempre sullo stesso schema: la responsabilità è delle vittime o di chi denuncia abusi, ritardi, devastazioni. Affondano i barconi e muoiono centinaia di persone? Colpa dei migranti che migrano e di chi cerca di salvare vite. C’è un disastro ambientale? La responsabilità è degli “ecosciacalli”, della burocrazia ambientalista, dell’ideologia verde. In una parola dei “gretini”, un termine inventato con un certo successo per irridere Greta Thunberg e chi ne condivide le preoccupazioni dando loro degli imbecilli.
Lo schema è orwelliano ma con una parte dell’opinione pubblica funziona perché allontana l’attenzione da chi gestisce il potere politico e economico e la dirotta su altri bersagli. Ovviamente non ci sono solidi argomenti, l’aggressione è spesso personalizzata contro un attore, un giornalista, un personaggio noto da dare in pasto alla “rabbia popolare”. Spesso in questi anni abbiamo denunciato i discorsi d’odio che senz’altro hanno un ruolo. Abbiamo colto meno un altro aspetto che invece è centrale nel leggere quanto ci accade. Nella società d’oggi frammentata e disorientata , per molti indecifrabile nelle sue dinamiche complesse, dare in pasto ai “follower”, ai sostenitori /ascoltatori un nemico da sbranare è una carta vincente. Lo spiegava Umberto Eco, converrebbe provare a rileggerlo ( “Costruire il Nemico” la Nave di Teseo 2020). Il problema è che questa narrazione sta diventando sempre più dominante, ribalta i ruoli, sfrutta le contraddizioni altrui, non ha nessun rispetto per le persone contro cui si avventa. Riflettere su questo significa già cominciare a reagire, fare qualcosa.