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Usigrai: “L’occupazione del servizio pubblico è già in atto”

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La crisi in cui si sta avvitando la Rai e il tentativo politico di occuparla sta tutta nel voto espresso dal Cda di oggi dove la nomina del nuovo Ad Roberto Sergio è passata solo a maggioranza con due astenuti e un voto contrario.

Così la nomina da parte del nuovo Ad di Giampaolo Rossi come direttore generale fa parte di un copione già scritto che lo vede in questo ruolo solo perché se fosse diventato Ad avrebbe dovuto lasciare alla scadenza di questo Cda.

Se così fosse saremmo davanti a un gioco assurdo che non tiene conto degli interessi dell’azienda, ma del singolo.

Chissà se Giampaolo Rossi ha cambiato idea sul presidente Mattarella, attaccato varie volte su social e sul suo blog, pubblicato da Il giornale e se, ora che la presidente Meloni ha rinnovato l’appoggio a Zelensky, ha abbandonato le sue posizioni apertamente filoputinuane.

In caso contrario, secondo l’Ad Sergio è questo il profilo adeguato per ricoprire il ruolo di direttore generale della più grande azienda culturale del paese?

Anche l’addio di Fabio Fazio alla Rai, con lo strascico di commenti livorosi da parte di esponenti politici e di scaricabarile in Cda su di chi fosse la colpa sono i segni di una occupazione del servizio pubblico già in atto e che anche questo governo e questa maggioranza mostrano di voler utilizzare a piene mani.

Non è questa la stabilità, l’autonomia e l’indipendenza dei vertici Rai che l’Usigrai chiede da sempre e ancor di più da quando la legge Renzi ha messo la Rai nelle mani di governo e maggioranza.

A chi oggi tenta di arruolare il sindacato in logiche di parte giova ricordare che fu proprio l’Usigrai a scrivere pubblicamente che data la pessima legge di nomina dei vertici Rai, era stato un errore non attribuire al partito di opposizione, che era Fratelli d’Italia, un posto in Cda.

I primi atti del nuovo Ad non vanno nella direzione auspicata da chi chiede da tempo non un riequilibrio, ma una vera indipendenza della Rai che deve essere al servizio di tutti i cittadini con ogni governo e non a maggioranze alterne.


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