BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Nostalgie del Ventennio

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Migranti, natalità, lingua italiana. Identità di destra sì, fascista no. Giorgia Meloni ha annunciato fin dall’inizio l’identità politica e il programma del suo esecutivo di destra-centro. Ma qualcosa non torna dopo sei mesi di governo dal trionfale successo di Fratelli d’Italia nelle elezioni politiche.
Sui migranti c’è un duro giro di vite. Giorgia Meloni rilancia il “basta” della Lega alla “protezione speciale”. La presidente del Consiglio e presidente di Fratelli d’Italia annuncia degli emendamenti al decreto legge all’esame del Parlamento: «Io ho come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade nel resto d’Europa».
Va molto oltre Francesco Lollobrigida. Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare allarga il discorso sui migranti alla pesante caduta della natalità in Italia per azzardare: «Vanno incentivate le nascite…Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica». L’affermazione è una gravissima scivolata: la sostituzione etnica è una teoria dell’estrema destra internazionale xenofoba e neonazista sull’esistenza di un complotto per sostituire la popolazione bianca europea con quelle di altre etnie. La sortita è così insostenibile che lo stesso governo Meloni prende le distanze. Lo stesso Lollobrigida successivamente rettifica, riconosce l’errore dicendosi nemico del razzismo.

Del resto l’Italia non può fare a meno della forza lavoro degli immigrati: hanno un ruolo centrale in agricoltura, nell’edilizia, nell’assistenza come badanti agli anziani. Un problema in qualche modo connesso è come affrontare la grave crisi demografica dell’Italia. La Meloni ha promosso vari incentivi alla natalità come l’assegno unico per i figli e gli aiuti per la maternità delle donne. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (Lega), secondo Il Foglio, starebbe addirittura lavorando a un progetto bomba: «Niente tasse per chi fa figli».
Lotta alla lingua inglese. Per primo scende in campo Gennaro Sangiuliano contro l’inglese e in difesa dell’uso della lingua italiana. Il ministro della Cultura, giornalista vicino alla Meloni, sentenzia: «Credo che un certo abuso dei termini anglofoni appartenga a un certo snobismo, molto radical chic, che spesso nasce dalla scarsa consapevolezza del valore globale della cultura italiana. E anche della sua lingua». Nella foga polemica contro l’esterofilia Sangiuliano scivola su termini esteri, usando parole come snobismo e radical chic. Ma forse nemmeno se ne accorge.
Ancora più duro è Fabio Rampelli, Fratelli d’Italia, vice presidente della Camera. Attacca «i fighetti e i provinciali» che usano «gratuitamente delle parole straniere perché ti danno l’accesso ai salotti buoni». Deposita una proposta di legge che prevede multe da 5.000 a 100.000 euro per gli uffici pubblici e le aziende che usino termini esteri.
Le campagne in difesa dell’italiano, degli italiani, della natalità, contro tutto ciò che sa di anglosassone ricordano le battaglie del Ventennio. Il fascismo incentivava le nascite con premi in denaro alle famiglie numerose. Benito Mussolini scrisse: «Il numero è forza». Non finì bene per l’Italia.
Giorgia Meloni ha annunciato di voler costruire una destra democratica, in rotta di collisione con tutte le radici del fascismo coltivate invece dal Msi, il partito antenato di Fratelli d’Italia. Ha attaccato Ignazio La Russa quando il presidente del Senato ha criticato l’attentato dei partigiani a via Rasella contro gli occupanti nazisti di Roma. La Russa si è scusato dopo la strigliata della presidente del Consiglio.
Nessun rapporto con il fascismo. Anche Rampelli, illustrando la sua idea in difesa della lingua italiana, assicura: la proposta «non c’entra nulla» con l’autarchia linguistica del fascismo. Sarà così, come garantiscono la Meloni e Rampelli. Tuttavia riemergono in modo tumultuoso nel governo Meloni le tematiche nostalgiche del Ventennio. Forse è in corso uno strisciante revisionismo, non favorevole alla Meloni, diretto a rivalutare molte scelte di Benito Mussolini e a riformulare la Liberazione. Non a caso Gianfranco Fini spinge Meloni a completare la svolta di destra democratica alzando la bandiera dell’antifascismo. Lui, ultimo segretario del Msi e fondatore di An, fece lo strappo democratico in modo clamoroso dichiarando il fascismo il “male assoluto”. Ma il revisionismo di Fini non si concluse con un successo.


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