di Antonella Sciocchetti
Ci ha lasciato stamattina – 9 gennaio 2013 – dopo una lunga convivenza con il diabete, malattia che negli ultimi tempi lo aveva gravemente minato. Karl Potter, nato a Teaneck il 16 luglio del 1950, era un percussionista che del suo New Jersey aveva portato in Italia, nei primi anni Settanta, non solo i colori del Jazz e dello swing, di cui era maestro, ma anche un amore contagioso per la ricerca delle sue radici afroamericane. E questo amore contagioso era stato riconosciuto a prima vista dalla scuola napoletana capeggiata da Pino Daniele. Così, sul finire di quel decennio magico per la musica italiana, Karl divenne un personaggio centrale, perfettamente inserito in quella innovazione artistica di cui Pino Daniele, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, James Senese si erano fatti portavoce. A quel sound innovativo, che oggi rimpiangiamo, Karl ha prestato i suoi tamburi e messo a disposizione la sua fisicità prorompente di gigante buono. Molti lo ricordano per gli storici tour di “Bella’mbriana” e prima ancora, con Tony Esposito ne “La banda del sole”.
Ci rivolgiamo proprio a Tony Esposito, in questo doveroso ricordo di Karl Potter, perché fu tra i primi a volerlo fortemente in tutti i suoi dischi strumentali.
Tony, come hai appreso la notizia?
Mi hanno chiamato altri amici musicisti, stamattina. Sono rimasto allibito, anche perché proprio giorni fa pensavo di andare a trovarlo e coinvolgerlo nei miei progetti. Poi qualcuno mi aveva detto che non se la sentiva di vedere gente, allora, per rispetto non l’ho più fatto.
Tu e Karl vi siete conosciuti poco dopo il suo arrivo in Italia, giusto?
Praticamente sì. Dagli anni Settanta. Era appena arrivato. E’ stato il primo percussionista afroamericano a “mischiarsi” con noi. Abbiamo calcato grandi palcoscenici. Nei miei primi dischi c’è sempre stato Karl. Eravamo molto legati. E’ una delle persone con cui ho condiviso più concerti, alberghi, esperienze. Stavamo sempre in giro insieme, io, lui, Pino, Tullio. E’ stato un riferimento importante per me, fin dai tempi del “La banda del sole”. Abbiamo fatto tantissimi concerti. Si suonava molto allora.
Com’era Karl come uomo?
Umanamente era talmente buono, tranquillo, non posso fare altro che dire bene di lui. Io, in tanti anni, non l’ho mai visto litigare con nessuno! Né gli altri si sognavano di litigarci (sorride bonario, ndr) forse perché faceva paura, con la sua mole così grande. Invece, l’anno scorso, l’ultima volta che abbiamo suonato insieme, mi sono accorto che la malattia lo stava consumando. Era magrissimo. Dimostrava più anni di quelli che aveva. Sai, io ero abituato a vederlo nella sua imponenza.
La fisicità, per un percussionista diventa anche una sorta di presenza scenica.
E sì. Karl contribuiva molto alla scena perché era alto, grosso. E quest’aspetto imponente andava di pari passo con la sua energia e col suo sound deciso, forte.
Come gli andavano le cose, negli ultimi tempi? Aveva risentito anche lui della crisi della musica?
Sì, la crisi del lavoro aveva travolto anche lui. Era molto giù di morale. Karl aveva una scuola di musica abbastanza avviata, ma la crisi aveva colto anche lui.
Che ha rappresentato Karl Potter per voi, per il vostro storico ‘super gruppo’ partenopeo?
Karl è stato importante musicalmente perché hanno contribuito a creare quella sorta di fusione di cui anche Pino Daniele si è avvalso. Lui ha reso “vero” il sound che stavamo creando e cercando in quegli anni. E poi Karl mi ha fatto conoscere tanti artisti internazionali a cui era legato e da cui era stimatissimo: Cherles Mingus, Chet Becker… Lui era molto amato da loro. Suonava bene il jazz. Era proprio ‘americano’ il suo modo di suonare.
Chi lascia Karl?
Lascia due figli adottivi, perché anni fa è scomparsa anche la sua compagna. Credo che proprio dopo questa perdita Karl si sia lasciato andare. Era un uomo solo. I suoi figli adottivi vivono all’estero. Si era trascurato, ma non immaginavo che fosse così grave la malattia. Sicuramente anche alcool…non l’ha aiutato.
“Karl è il mio gemello” – m’hai detto poco fa.
Sì, perché Karl è nato lo stesso giorno, lo stesso mese e lo stesso anno in cui sono nato io. L’altro gemello nostro, lo ricordavamo sempre scherzando, è Eugenio Finardi. Eh, sì…se ne va un mio gemello, se ne va un grande percussionista e anche un pezzo importantissimo della mia vita musicale.