Il Saggiatore lancia una coraggiosa serie di cinque volumi dedicati ai grandi operisti italiani e la battezza con grande semplicità «L’opera italiana». I nomi messi in fila sono Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini, come a dire la stagione d’oro del teatro lirico. Se ci trovassimo a un tavolo di poker potremmo strepitare: «Scala reale!».
Ora, tra i grandi operisti, Bellini sembra sempre il fanalino di coda. Anche se poi ha le stimmate del genio di ottocentesco conio: muore nel 1835 a soli 34 anni d’età (e nel cosmo musicale la cosa accade con curiosa cadenza: penso a un Pergolesi, a uno Schubert), ma intanto ha messo in fila dieci opere liriche e tra loro un bouquet di capolavori – Norma, Puritani, Sonnambula – che sono poi quelli a cui torniamo più spesso. E sbagliamo.
Per capirlo bisogna immergersi nella lettura di questo grosso volume di Fabrizio Della Seta (che tra Edizione Critica delle opere e Centro Studi Belliniani di Catania ha le carte in regola per poter affrontare il tema) e farla finita col pregiudizio: Bellini fu un grande compositore con un tratto di originalità: la speciale vocazione per il teatro.
Con semplice struttura il libro percorre cronologicamente la vita del compositore e le opere frattanto composte. Lo fa in uno spazio che può intimorire, ma nel quale ci si muove a proprio agio grazie alla limpidezza dello stile saggistico di Della Seta. Per cui la sola cosa che serve è la curiosità culturale, la passione per la musica, la voglia di crescere, il rifiuto del dettame corrente che la cultura debba essere fatta di cose mediocri.
Poi, una volta entrati, ognuno si confronterà con le proprie emozioni e predilezioni. Io ad esempio ho un penchant per La sonnambula, che pur mettendo in scena una sorta di bambola passiva ed essendo opera in certo modo retriva se vista dalla parte della donna, manifesta purtuttavia un’affabile singolarità surreale. Adoro infatti il momento finale in cui Amina appare in scena camminando nel sonno e confessando il vero amore (facendolo nel sonno è sincera e dev’essere creduta), in un tripudio che spazza via ogni sospetto di tradimento e risolve l’intreccio con felice chiusa: «Ah, mi abbraccia, e sempre insieme, / sempre uniti in una speme / della terra in cui viviamo / ci formiamo un ciel d’amor». Insomma: puzzle risolto, fedeltà sincera, gioia d’amore compiuto e anche – andando bene a cercare nella musica – gesti musicali originali.
Il volume è la migliore guida oggi presente in editoria a un universo, come quello belliniano, che snocciola un linguaggio peculiare rispetto a quelli di Rossini, Donizetti o Verdi. È un volume di grande dimensione, come lunghe sembrano alcune opere di Bellini, ma appunto è proprio l’estensione del dettato saggistico a porsi come elemento vincente per procurare al lettore uno strumento utile a capire la singolarità di Bellini nel panorama del teatro lirico italiano. Lo spiega bene l’autore in una recente intervista: «Il dramma di Bellini, classico nella forma e romantico nei contenuti, richiede di essere assaporato senza fretta. Ma proprio questo è il bello del grande melodramma ottocentesco, che nell’ambito di convenzioni condivise è stato capace di esprimere personalità artistiche diversissime tra di loro».
Un dramma da assaporare, appunto, come anche una biografia che sembra un po’ sbiadita, ma che ugualmente va conosciuta. E chi vuole farlo mettendo in campo un acme di fruizione, può tenere di fianco al bel volume di Della Seta i Carteggi di Bellini, spettacolare volume edito tempo fa da Olschki e che – dalla prima lettera scritta nel maggio 1819 all’ultima da lui ricevuta il 18 settembre 1835 – ci porta dentro il mondo del compositore mediante i documenti migliori per poterlo fare: le lettere, 517 pezzi che la curatrice Graziella Seminara introduce e commenta nei dettagli (cosa che in musicologia, chissà perché, provoca piacere intellettuale).
Ci sono speranze: abbiamo ancora in Italia la grande editoria di cultura. Approfittiamone.
Fabrizio Della Seta, Bellini, Milano, il Saggiatore, 2022.
Vincenzo Bellini, Carteggi, Firenze, Olschki, 2017.
«Ci formiamo un ciel d’amor». Bellini tra biografia e musicologia