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Libertà di espressione negata, il caso di Santa Maria Capua Vetere (e il resto) nel rapporto di Amnesty

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Due paragrafi separati eppure complementari. Raccontano due facce della stessa medaglia. Da un lato storie vergognose, terribili, inaccettabili in una democrazia e dall’altro gli ostacoli  nel raccontarle. Sono due paragrafi contigui dell’ultimo rapporto di Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani in Italia, uno è sulla tortura e altri tipi di maltrattamenti, l’altro è sulla libertà di espressione e di riunione. Il focus sulle torture riguarda il processo a 105 agenti penitenziari e altri funzionari, partito a novembre 2022, e riferito ai plurimi reati  tra cui, appunto, la tortura, che si contesta siano avvenuti durante la protesta scoppiata nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ad aprile 2020. Ebbene proprio questo processo è stato al centro di un braccio di ferro per la trasmissione in diretta delle udienze da parte di Radio Radicale. Dopo un primo stop su istanza delle difese, la Corte ha rigettato la richiesta di “silenziare” le udienze consentendo così una diffusione, la più ampia possibile, del dibattimento sulle torture che sarebbero avvenute il 6 aprile di tre anni fa. Oltre a questo caso specifico di tortura Amnesty ci ricorda anche un’altra vicenda: “a dicembre 2022, un agente di polizia è stato messo agli arresti domiciliari, accusato di tortura nel caso di Hasib Omerovic, un uomo rom con disabilità. Era caduto giù dalla finestra della sua casa nella periferia della capitale Roma, in circostanze ancora non chiare, durante un’ispezione di polizia non autorizzata, a luglio 2022. Altri quattro agenti sono stati sospesi, con l’accusa di dichiarazioni false”.
Passando poi alle restrizioni in materia di libertà di espressione viene citato il fatto che “la polizia ha fatto uso eccessivo della forza contro i manifestanti in diverse occasioni. A gennaio, a Torino, la polizia antisommossa ha picchiato con i manganelli gli studenti che protestavano per la morte sul lavoro di un ragazzo di 18 anni. Circa 20 persone sono rimaste ferite, di cui una in modo grave. A dicembre, il parlamento ha approvato l’introduzione di un nuovo reato che punisce l’invasione della proprietà privata con l’obiettivo di organizzare raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, ritenuta pericolosa per la salute e l’incolumità pubblica. Gli organizzatori di tali raduni rischiano fino a sei anni di reclusione e una multa fino a 10.000 euro. Si temeva che la nuova legge potesse violare la libertà di riunione e d’espressione”.
Sullo sfondo resta sempre l’istruttoria corrente da parte della Commissione Europea circa la contrazione del diritto alla libertà di espressione in Italia da parte di gruppi civici e minoranze e soprattutto nei confronti dei giornalisti.


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