UNISIN/CONFSAL è da sempre schierato in prima linea nelle battaglie sociali che riguardano i soggetti più fragili. Dopo “Noi Diversamente Uguali. Famiglia lavoro e società”, avete messo in campo un’altra tematica delicata, quella della violenza di genere. Si continua sempre con lo stesso approccio organizzativo: coinvolgere personalità appartenenti a mondi diversi. Ci spiega il perché di questa scelta da parte di un sindacato del credito?
“La cultura, la formazione e il contesto ambientale (dentro e fuori dall’azienda), la consapevolezza, l’informazione, la nostra forza propositiva verso istituzioni, la pace, sono tutti elementi sinergicamente indispensabili per un cambiamento positivo nei comportamenti tra le persone sui luoghi di lavoro e nella promozione del benessere sociale ed economico fondato sulla serenità relazionale. E’ questo il motivo per cui abbiamo voluto coinvolgere – in un dibattito sinergico – le aziende, l’Università, il Mondo dell’informazione, le istituzioni. La cultura crea la coscienza civile. Lo studio non basta, occorre che la cultura faccia in modo che chi studia si renda consapevole della dignità. Una persona di cultura è in grado di reagire a ciò che offende la sua dignità e la sua coscienza. Il valore della dignità è centrale in ogni nostra battaglia. In tale percorso abbiamo naturalmente coinvolto anche le aziende del credito, rappresentate dalla Presidente del Comitato Affari Sindacali e del Lavoro di ABI, Ilaria Dalla Riva, che ha dato un contributo importantissimo, mettendo a disposizione dei partecipanti l’esperienza di un settore da sempre all’avanguardia su tali processi. Alle banche, infatti, chiediamo di continuare sulla strada del confronto costruttivo, che tanti risultati ha prodotto sino ad oggi, per un consolidamento ed ampliamento dei diritti a favore delle lavoratrici. Lavoratrici che sono al contempo anche mamme, caregiver e casalinghe in una società che supporta ancora troppo poco la famiglia e che chiede alla donna così tanto”.
Avete anche attivato una sinergia con il mondo dell’informazione?
“Abbiamo chiesto un supporto anche al mondo dell’informazione. Il convegno è stato strutturato come corso di formazione per i giornalisti. Altri giornalisti ci hanno supportati nei lavori. La vicinanza dei giornalisti ai nostri progetti sociali è per noi molto importante perché l’informazione ha il delicatissimo compito di raccontare la realtà e segnalare le anomalie del lavoro e della società che viviamo. Infine, abbiamo voluto coinvolgere le istituzioni rappresentate, per l’occasione dall’onorevole Ylenia Lucaselli. Anche in questa occasione, abbiamo fatto appello alle Istituzioni perché le tematiche oggetto di questo dibattito diventino il presupposto di una crescita legislativa fondata sulla pace sociale”.
“Combattere la violenza per costruire la parità”, un proposito impegnativo.
“Abbiamo deciso di mettere sul tavolo tante problematiche di genere. Perché tante sono le forme di violenza da combattere. La violenza, quando presente nelle aziende è prevalentemente subdola, psicologica, sottile e indecifrabile, quasi mai fisica, ma non per questo meno grave. Questo tipo di violenza è più difficile da estirpare, ma dobbiamo combatterla per costruire una vera parità di genere. E dobbiamo farlo, ripeto, tutti insieme – istituzioni, aziende, università, media – perché solo uniti si vincono le battaglie difficili”.
Cosa vuol dire per UNISIN “Supportare lavoratrici, lavoratori e aziende per un cambiamento necessario contro ogni anomalia del lavoro: dalle differenze di genere nei percorsi professionali al mobbing”.
“Molte aziende comunicano all’esterno la loro inclinazione spontanea al sociale, alle pari opportunità, all’inclusione e lo fanno pubblicamente. Addirittura, alcune grandi aziende ricevono importanti riconoscimenti per le iniziative di inclusione e parità di genere. Una promozione mediatica conveniente, ma non sempre reale. Un approccio di marketing che proietta l’azienda moderna nella nuova ottica del “vivere bene” delle persone in azienda e dell’azienda in relazione all’ambiente esterno. Una semplice dichiarazioni d’intenti, però, non può bastare. Occorre che non ci sia discrepanza tra comunicazione e fatti concreti. Questo è il problema che insieme – tra i tanti – dobbiamo affrontare con urgenza. Ecco che ritorna, anche in questa nuova battaglia sindacale, l’esigenza di un necessario coinvolgimento sinergico di tutti: sindacato, imprese, informazione, cultura, istituzioni”.
Ci fa un esempio concreto di cosa può accadere ad una donna che lavora in un’azienda dove, a volte, la realtà dei fatti si scontra con le importanti conquiste del sindacato?
“Episodi di mobbing al rientro dalla maternità, cambi repentini di mansioni se si richiede il part-time, difficoltà a gestire i congedi parentali e le malattie del bambino sono all’ordine del giorno. Grazie al sindacato del credito – un modello d’inclusione nel confronto con gli altri settori dell’economia – sono stati fatti moltissimi passi avanti, anche con riferimento alle opportunità offerte alle donne vittime di violenza, ma molto c’è ancora da fare soprattutto in termini di corretta applicazione di quanto sancito a tutela delle donne in azienda e delle loro famiglie. Proprio per questo motivo UNISIN, attraverso il Coordinamento Donne e Pari Opportunità, coordinato da Daniela Foschetti, ha lanciato un appello alle donne. Un questionario anonimo per raccontarsi, riferire il proprio vissuto in azienda e in relazione alle loro esigenze di conciliazione vita/lavoro. Ne è venuto fuori un allarme che non può lasciarci indifferente: da una parte la mancata consapevolezza dei propri diritti e dall’altra una desolante condizione di grande difficoltà a proseguire con le stesse opportunità di carriera quando si decide di avere un figlio o di assistere un proprio familiare anziano o disabile”.
Come realizzerete la proposta di UNISN, per favorire l’innovazione imprenditoriale, digitalizzazione, riorganizzazione, nel rispetto dei diritti della persona e della famiglia”?
“L’economia e il modo di approcciarsi alla produzione dei servizi sta cambiando alla velocità della luce (digitalizzazione, esternalizzazione, desertificazione dei territori, ecc.). Il cambiamento già sotto i nostri occhi e quello immediatamente dietro l’angolo è ineludibile. Il compito di chi difende i diritti dei lavoratori, non è quello di ostacolare questo cambiamento se porta con se modernizzazione e benessere. Dobbiamo tenere gli occhi aperti e vigili sul cambiamento senza rinunciare però a governarlo nel modo più etico e corretto. Il nostro obiettivo deve essere quello di supportare il cambiamento, favorire un progresso positivo, prospero, non conflittuale, nella ricerca di un giusto equilibrio con le aziende per favorire il benessere comune. Per benessere intendo quello delle persone nella società e delle lavoratrici nelle aziende, nel rispetto anche delle loro famiglie ricercando le migliori condizioni possibili di conciliazione/vita lavoro. Anche il cambiamento, con tutte le sue possibili criticità, può diventare un’opportunità se riusciamo a creare – insieme alle aziende – buone occasioni di conversione delle mansioni e di conciliazione dei bisogni del lavoratore con quelle della propria famiglia, scongiurando il ricorso a strumenti che possono incidere negativamente sul benessere del lavoratore/della lavoratrice. La conversione delle criticità in opportunità dovrebbe governare tutta la nostra vita.
Qui tutto il convegno: