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Il rapporto del Consiglio d’Europa mostra quanto sia drammatica la situazione per la stampa

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“Il titolo stesso del rapporto:  La guerra in Europa e la lotta per il diritto di cronaca, mostra quanto sia drammatica la situazione”. Esordisce così Maja Sever, presidente della Federazione europea dei giornalisti (Efj) commentando per Articolo21 il report sulla sicurezza dei giornalisti  2023 del Consiglio d’Europa (Coe) presentato a Strasburgo il 7 marzo.
Non è in corso solo una guerra vera e propria, in Europa, cioè quella seguita all’invasione russa dell’Ucraina, costata già la vita a 12 operatori dell’informazione, uccisi mentre svolgevano il loro lavoro, mentre  21 sono stati feriti: in Europa è in corso una guerra contro il giornalismo. “Questi sono i nostri colleghi, persone con nomi e cognomi, che hanno condiviso con noi lo stesso amore per il giornalismo e problemi analoghi ai nostri fino alla guerra, durante la quale hanno perso la vita svolgendo il proprio lavoro “, continua Maja Sever.
A questi reporter uccisi nel conflitto va aggiunta un’altra vittima morta nell’esercizio del suo mestiere, il turco Gungor Arslan. Oltre a questo dato nefasto che riguarda le uccisioni, il rapporto Coe lancia l’allarme circa i giornalisti detenuti, che ha registrato un aumento significativo in tutto il continente. Dal rapporto infatti, che utilizza i contributi di numerose organizzazioni attive in Europa, emerge chiaramente come arresti e detenzioni arbitrarie siano ormai diffuse su larga scala e stiano diventando un modo d’agire comune in moltissimi paesi. A dicembre 2022 si contavano 127 tra giornalisti ed operatori dell’informazione in carcere: sia i 95 contenuti nelle allerte attive sulla piattaforma del Consiglio d’Europa ( e che rappresentavano comunque un incremento del 60% rispetto al 2021) sia i 32 giornalisti e operatori dei media  bielorussi, sui quali non vengono pubblicate le allerte.
Sempre considerando le allerte del 2022, 74  hanno riguardato attacchi all’integrità fisica dei giornalisti, 41 arresti e detenzioni , 94  molestie e intimidazioni e 80 altre azioni volte a comprimere la libertà di stampa.  Ma anche l’impunità nei confronti di chi ha attaccato i giornalisti  resta uno dei problemi più gravi: il Consiglio mette in luce come dei 35 casi di impunità, ben 26, che riguardanoomicidi, restano senza giustizia.
“Occorre fare molto di più per tutelare il diritto dei giornalisti a lavorare liberamente _ commenta ancora la presidente Efj _ Questo rapporto è un segnale e un appello ad azioni concrete. Giornalisti sono stati e sono uccisi, aggrediti, vessati legalmente e sottoposti a campagne diffamatorie. E tutto questo è in aumento, e i colpevoli rimangono impuniti. Stati e istituzioni politiche potrebbero e dovrebbero smettere di approvare leggi che limitano il lavoro dei giornalisti, monitorano la comunicazione giornalistica, diffondono notizie false e disinformazione, avallano l’abuso da parte della magistratura per intimidire i gironalisti. Avremmo dovuto agire ieri , per difendere il giornalismo come pilastro fondamentale della democrazia. Dobbiamo garantire in tutta Europa un sistema di protezione del libero lavoro giornalistico”.
E a proposito di incolumità degli operatori  media, segnaliamo che in occasione dell’8 marzo le giornaliste ucraine hanno pubblicato un documento  sulla sicurezza delle donne giornaliste ucraine, che è un problema ulteriore nel drammatico problema del conflitto: le donne giornaliste sono infatti ancora più a rischio dei colleghi maschi. Il documento fornisce alle giornaliste consigli pratici su come muoversi in zona di guerra.

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