La “querela facile” entra nell’orbita del Governo italiano contro i giornalisti italiani. E’ successo platealmente, quasi in modo naturale in una sera innaturale in cui tutta Europa guardava attonita le immagini della strage dei bambini naufraghi su una spiaggia del crotonese. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva appena pronunciato le orride frasi colpevolizzanti di chi mette i figli su un barcone col mare grosso invece di tenerli “al sicuro” sotto le bombe a casa propria. E stavano già emergendo i primi dubbi sulla tempistica e l’efficienza dei soccorsi della notte tra sabato 25 febbraio e domenica 26. Un prete e un medico stavano dicendo in televisione, rispondendo alle domande dei giornalisti, che probabilmente qualcosa di più nei salvataggi si poteva fare, quando il ministro invece che rispondere sul merito ha annunciato che si sarebbe rivolto all’Avvocatura dello Stato per valutare eventuali denunce. E così eccola qui la minaccia di azione legale contro chi critica, dissente, scandaglia i particolari di una storia drammatica, quella del naufragio appunto. Vietato approfondire, vietato dubitare, vietato criticare perché altrimenti scende in campo l’Avvocatura dello Stato. Non è nemmeno una novità che un Ministro si scagli contro le voci critiche e i giornalisti utilizzando gli uffici legali dello Stato Italiano. Qualcosa di assai simile era stato annunciato dal Ministro della Difesa Guido Crosetto contro Il Domani: per contestare quanto scriveva il giornale aveva chiamato in ballo l’ufficio legale del Ministero. E poi c’è il bubbone Meloni-Saviano. La Presidente del Consiglio quando era parlamentare ha denunciato lo scrittore e la stessa cosa ha fatto l’attuale Ministro Matteo Salvini, il processo è in corso davanti al Tribunale di Roma. Peraltro la frase oggetto di querela fu pronunciata da Roberto Saviano in tv proprio in relazione al tragico destino dei migranti via mare e alle morti dei bambini, dunque anche per questo torna dii attualità. Tutti coloro che toccano lo spinoso argomento delle politiche migratorie in Italia e contestano il metodo dei respingimenti, dei nuovi muri, addirittura della colpevolizzazione delle vittime, rischiano di essere portati in Tribunale a rispondere di diffamazione. Ciò attiene la libertà di espressione e il rispetto della Costituzione e non riguarda solo la narrazione dei naufragi, che pure merita approfondimenti investigativi, tecnici, giornalistici anche se sgraditi ad un ministro dell’Interno. In una situazione di questo tipo sperare nella modifica migliorativa dell’attuale legge sulla diffamazione è pura utopia e si spiega perché sia complicato cambiare l’attuale assetto delle norme. Semplicemente la legge vigente è un grimaldello contro le critiche e se ne vede l’uso, quantomeno l’annuncio, anche da parte di autorevolissimi componenti del consiglio dei ministri. Le azioni legali temerarie non fermano la cronaca né la ricerca di verità e ciò che va emergendo sui soccorsi a Crotone lo dimostra. Forse un ministro, o chiunque ne faccia la comunicazione, dovrebbe attendere qualche ora di indagine seria sui fatti prima di scagliarsi contro le critiche legittime.
(Nella foto il Ministro dell’Interno in carica, Matteo Piantedosi)