Da Assisi, dove l’anelito di pace si è incarnato nel gracile cavaliere mancato, omino alquanto brutto al cui passaggio le donne rinchiudevano in casa le figlie per paura che lo seguissero nella via della penitenza, si è levato il grido coraggioso: mai più guerre. Perché tutto il mondo, allora nel 1200 come oggi viene dietro a Francesco e proprio da Assisi vengono accorati appelli? Forse per la credibilità del personaggio: Francesco uguale pace. Tale coerenza è stata vigorosamente sollecitata al ricco gruppo di noi comunicatori giornalisti, ma anche studenti, chierici, politici, filosofi riuniti stamani ad Assisi per “affilare le armi della pace”. Il convegno di grande finezza ha visto una carrellata di nomi illustri della politica, della filosofia, del giornalismo agilmente gestiti dall’abile collega Giuseppe Giulietti di Articolo 21; tutti insieme hanno aggiunto importanti tasselli al mosaico che porta il volto di Francesco. Sarà il nome, ma gli omonimi, uno laico e l’altro papa, si integrano in un dialogo mai interrotto che ha felicemente tenuta viva la platea per tutta la mattina e diremmo anche per la notte. Infatti, la marcia della Pace, 24 km che uniscono Perugia Assisi, in una buia notte invernale, aspra, fredda ha voluto sottolineare l’agghiacciante convinzione degli ultimi mesi: la buia guerra è l’unico modo per difendere la libertà. Bisogna fare qualcosa, urgentemente: questo il motore del convegno di Assisi così come della marcia. Il progetto politico per cui è sorta l’Unione Europea è gravemente in pericolo, tuona Stefania Proietti sindaco di Assisi. Solo la pace è Santa e per difenderla occorre ridare un volto di umanesimo fraterno alle questioni di convivenza tra i popoli, di qualsiasi nazionalità come alla questione ambientale: Occorre essere di nuovo equivicini e per questo viene riportata alla ribalta la Carta di Assisi sopravvissuta al Corona Virus e ancora giovane e coraggiosa pronta per ispirare i comunicatori attuali.
A dare le regole alla formazione giornalistica, tema del convegno, Antonio Spadaro direttore di Civiltà Cattolica che ha intessuto, con la consueta precisione, i nodi della fitta rete comunicativa che avvolge il cittadino ormai sempre più disilluso. Leitmotiv dell’intervento le raccomandazioni di Papa Francesco sul tema delle comunicazioni sociali. Questi gli inviti: prossimità fisica all’evento che va raccontato con cura, accudito, quasi sollevato dalla polvere come il buon samaritano. Parole d’ordine: incontrare, ascoltare con l’orecchio del cuore, analizzare fenomeni complessi con spirito critico alla ricerca della verità che è sempre equilibrata, ricca di sfaccettature, da affrontare senza rigidità ma con la propensione a mettersi in discussione. Questi alcune linee guida proposte negli anni da Papa Francesco per sgominare lo scandalo delle fake news e garantire al cittadino un’informazione il più possibile veritiera, orientata ad aprire sentieri di dialogo. E chi è più titolato a parlare e chiedere la pace sull’umanità se non il Papa? E’ una necropolitica quella che invoca morti strategiche per spianare la pace. Invocata anche dal nostro presidente Mattarella, la pace deve Ispirare tutta la comunità delle nazioni rifiutando categoricamente la retorica bellicista.
Invita a sognare un mondo di pace il giovane William, profugo africano sopravvissuto all’orrore dei campi di lavoro libici che non ha mai abbandonato il sogno, oggi realizzato, di divenire giardiniere professionista. Umile e tremante ha dato il volto alle migliaia di persone vittime di guerre, invitando ciascuno di noi ad un più sincero confronto.
Rispolverare la Carta di Assisi è un diritto dovere dei comunicatori di oggi, soprattutto per un tema cruciale come la pace invocata con toni sempre più tiepidi. L’informazione non ha certo il potere di fermare la guerra ma certamente ha quello di raccontarla nel modo più fedele possibile alla realtà e non secondo ideologie governative. Molti di noi giornalisti sono giunti ad Assisi facendo felice tappa nei luoghi di Francesco; lo spirito del pellegrino ti invade subito appena sei avvolto dalle candide pietre umbre. E come il pellegrino assetato, affamato in cerca di ristoro fisico e spirituale si inerpica per Assisi, così deve fare il giornalista: consumare le suole delle scarpe per vedere, registrare in modo obiettivo fatti, esprimere dubbi leciti per qualsiasi mente libera e giustamente inorridirsi di fronte i tanti volti innocenti vittime di guerre. Se a non tutti è permesso denunciare, pena l’annullamento della tessera se non il martirio, la pace deve essere fortemente invocata dalla stampa, per non parlare della politica, come un asset strategico dell’umanità, così come il tema della sostenibilità. Guai adattarsi ad una realtà mobile, come le alghe sulle onde del mare. Si è invocato ad Assisi, con toni sinceri ed accorati, il coraggio di denunciare il deserto della guerra per sognare il giardino della pace. Una pace che l’uomo, a qualsiasi famiglia delle nazioni appartenga, deve vivere come diritto e come dovere. Francesco il santo, e il santo padre Francesco insieme per infondere coraggio di denuncia, coraggio di incontrare, coraggio di perdonare per un reale dialogo. Ce la faranno? Dobbiamo avere il diritto dovere di continuare a sognare, come William.
Dagli appunti di una pellegrina di pace ad Assisi.
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