Maura Zamola, laurea in lettere, insegnante nelle scuole medie e nei licei, un passato di femminista dagli anni Settanta in poi, esercita da molti anni con passione la professione di guida turistica dell’ Umbria e della Tuscia. Queste sue esperienze sono ora confluite nel libro “Donne caparbie. Italiane che hanno cambiato il mondo”, Effigi 2022, in cui mette a fuoco personalità significative di donne in un excursus che spazia dall’età etrusca al primo Novecento. Vengono riscoperte e poste all’attenzione figure storiche più o meno note, le cui vicende, pur a volte con risvolti a livello internazionale, hanno avuto luogo nel territorio dell’Italia centrale, prevalentemente tra Umbria e Lazio, circostanza che ha dato all’autrice l’opportunità di offrire al lettore anche preziose indicazioni per visite turistiche in quei territori.
Le personagge che Maura Zamola ha scelto hanno diverse estrazioni sociali, sono nobili o popolane, borghesi o sante, ma tutte sono accomunate dalla forte volontà a non piegarsi al destino che la legge del patriarcato ha già deciso per loro, che sia il matrimonio e la maternità o la monacazione. Dovranno lottare, trovare vie traverse, agiranno in modi diversi: chi operando con l’astuzia, chi opponendosi in modo irriducibile al potere patriarcale, chi agendo da protagonista, chi facendosi strumento per condizionare il potere maschile, usando talvolta anche il raggiro e la violenza, pervenendo a esiti imprevisti e mettendo in evidenza possibilità nuove e vie diverse per la vita delle donne.
La prima figura che l’autrice ci presenta è Tanaquil, un’aristocratica di Tarquinia, vissuta tra il VII e il VI sec. a.C., che aveva sposato Lucumone, figlio di una nobile etrusca e di un esule greco di Corinto, erede di un consistente patrimonio. Tanaquil, le cui vicende ci sono giunte attraverso il racconto di Tito Livio, saprà convincere il marito a lasciare la provinciale Tarquinia per Roma, che avrebbe offerto al suo sposo maggiori
possibilità di emergere. Lei saprà servirsi dell’arte divinatoria per interpretare prodigi, saprà tessere a Roma una rete di conoscenze e di alleanze per mettere in buona luce il marito e sarà lei, grazie alle sue indubbie capacità politiche, a creare due re: il marito succederà infatti ad Anco Marzio col nome di Tarquinio Prisco e il genero Servio Tullio, che lei aveva ritenuto più abile del proprio figlio, succederà a Tarquinio. “Nelle antiche società matriarcali – sottolinea Maura Zamola – per diventare re o capi occorreva l’investitura da parte di una gran sacerdotessa, considerata la rappresentante in terra della Dea. Ecco che ancora in età etrusca qualcosa dell’antica consuetudine era rimasta”. Proprio la figura di Tanaquil permette all’autrice di illustrare il passaggio dalle civiltà matriarcali a quelle patriarcali e a introdurre la differenza tra le donne etrusche e quelle romane. In Europa erano state le ondate migratorie dei Kurgan o Indoeuropei a determinare la fine delle civiltà matriarcali, ma tracce permangono in civiltà successive e una di queste, in cui si riscontrano ancora antiche tradizioni, fu proprio quella etrusca.
Zamola delinea in due interessanti capitoli, seppur necessariamente in modo sintetico, la condizione delle donne romane, condizione la cui premessa si trova significativamente nell’atto di violenza compiuto dai Romani verso le Sabine, attraverso il cui rapimento venne costituita la popolazione femminile della neo fondata città. Da questa vicenda in poi discende tutto il trattamento misogino e patriarcale dei Romani verso le donne, mentalità che ha informato il diritto romano, diffusosi poi in tutti i paesi conquistati, affermandosi anche se precedentemente tali paesi avevano altri usi verso le donne. Bisogna arrivare al
I secolo a.C. e all’epoca imperiale per vedere alcuni cambiamenti nelle condizione delle donne romane. Zamola tratteggia la figura di Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto, che definisce la prima first lady del mondo romano. Notevole sarà il suo intervento nella politica dell’impero, ma saprà restare nell’ombra e agire il cambiamento all’interno delle condizioni allora vigenti, al contrario di Giulia, figlia dell’imperatore che, opponendosi da ribelle, fece una brutta fine.
Amalasunta, figlia di Teodorico, re dei Goti, si trovò a svolgere la funzione di reggente del figlio minore Atalarico, erede designato del defunto re. Amalasunta, come Livia, non si accontentava del ruolo che la società patriarcale assegnava alle donne, lei desiderava governare. Non le riuscì il tentativo di consolidare la sua posizione cercando di sposare l’imperatore Giustiniano, perché trovò sulla sua strada un’altra donna caparbia: Teodora di Bisanzio. Per poter gestire il potere tentò tutte le vie possibili, ma si trovò in una posizione molto svantaggiata e nemmeno usare metodi maschili, ricorrendo all’astuzia e all’omicidio fu sufficiente. Alla fine fu sopraffatta e le leggende sulla sua prigionia e tragica morte fioriscono ancora sulle rive del lago di Bolsena. Un’altra donna intorno alla quale sono stati costruiti miti facendone un personaggio leggendario è Matilde di Canossa, che si trovò al centro di complesse vicende storiche nella lotta per le investiture tra Impero e Papato. Fu una donna di grande potere, che seppe tenere con mano ferma un ampio territorio nell’Italia centrale che aveva grande valore strategico; seppe governare con saggezza e generosità. Si mostrò abile politica e all’occorrenza guerriera alla guida delle sue truppe. Fu anche ispirata da un forte ideale di riforma della Chiesa, cui non venne mai meno.
La parte centrale del libro è dedicata alle Mistiche e dopo un’introduzione generale del periodo tra il XIII e il XVI secolo l’autrice tratteggia i profili di Chiara d’Assisi, Angelina da Montegiove, Rita da Cascia, Lucia Broccadelli, tutte di origine umbra. Agli inizi del XIII secolo si manifestarono nuove esigenze di spiritualità, di cui S. Francesco d’Assisi fu protagonista; sorse così in nuovo movimento religioso popolare cui presero parte numerosissime donne. Si diffuse il fenomeno della reclusione urbana volontaria in una stanza della loro casa o in una piccola abitazione vicino a una chiesa o a un convento: erano giovani nubili che rifiutavano il matrimonio combinato dalle famiglie e preferivano la verginità o anche vedove che non intendevano sperimentare nuovamente il matrimonio. In Italia centrale e settentrionale e nel Nord Europa sorsero i movimenti delle beghine, chiamate anche penitenti, umiliate, vestite ecc. Altro fenomeno significativo fu quello del misticismo femminile “Sostenendo che Dio, la Vergine o qualche Santo era apparso loro chiedendo di divulgare determinare richieste o consigli, potevano aggirare il divieto di parola imposto alle donne da Padri della Chiesa ed ecclesiastici fin dai tempi di San Paolo. Così esse si prendevano
l’autorizzazione a predicare e a far sentire la loro voce, coperte da un’autorità che nessuno poteva mettere in discussione.” Fra le mistiche umbre rifulge la figura di Chiara d’Assisi e della sua strenua lotta con le gerarchie ecclesiastiche contro il divieto di parola e per fare del dialogo spirituale e della predicazione punti particolari della sua comunità. Lottò contro la concessione di rendite da parte del Papato per mantenere il “Privilegio della povertà” e riuscì a imporre una propria Regola, che chiamò “Forma di vita dell’Ordine delle Sorelle Povere”, che era più democratica di quella maschile e prevedeva che tutte le decisioni fossero prese all’unanimità. Un’altra combattente fu Angelina di Montegiove che riuscì a realizzare il Terz’Ordine dell’osservanza, una comunità di terziarie, presso il convento di S. Anna a Foligno, le quali dedicavano parte del loro tempo alla preghiera e alla meditazione e parte all’assistenza e all’educazione delle ragazze. Purtroppo con il Concilio di Trento fu imposta la rigida clausura a tutte le comunità femminili sia monacali sia del Terzo ordine e non fu più possibile a nessuna fare vita attiva di apostolato, assistenza e educazione.
Inserite in vicende familiari e storiche molto complesse, in un’epoca violenta e di massima corruzione del papato si svolgono le vite di Giulia Farnese e di Lucrezia Borgia, intorno alle quali anche grandi intellettuali dell’epoca non esitarono a diffondere pettegolezzi e immagini misogine. L’autrice non esita a scavare nelle loro vite, non negando debolezze e connivenze coi misfatti delle loro famiglie, ma riesce a mettere in evidenza come, quando la vita ha offerto loro l’opportunità, abbiano saputo dimostrare capacità politiche e anche imprenditoriali a favore dei sudditi dei loro possedimenti, cercando anche di trovare conforto in un avvicinamento alla fede per affrontare le ultime dure prove della vita. La ricerca di una religiosità tutta interiore e di una spiritualità profonda nel contesto di lotte interne alla Chiesa portarono la poeta Vittoria Colonna, amica di Michelangelo, a trovare rifugio a Orvieto nel convento di S. Paolo e poi in quello di S. Caterina di Viterbo. Qui ebbe rapporti col gruppo dell’ “Ecclesia Viterbensis”, aperto al dialogo con i protestanti. Solo una morte precoce la sottrasse probabilmente ai rigori dell’Inquisizione Romana.
Straordinaria figura di spregiudicata ribelle, accumulatrice di ricchezze, abile affarista, politica e manipolatrice di conclavi fu Olimpia Maildachini, la papessa, che seppe giocare con le carte che l’epoca e le circostanze le offrivano. Una donna non poteva raggiungere le vette del potere nella Chiesa, ma fu lei a creare la fortuna del cognato Giovanni Battista Pamphili che portò fino al soglio pontificio nel 1644 col nome di Innocenzo X. Il libro si chiude con la figura di una straordinaria imprenditrice dei primi del Novecento, piena di immaginazione e di risorse. Di umili origini Luisa Spagnoli da una piccola drogheria seppe creare a Perugia una fiorente industria dolciaria. In seguito stabilì con i Buitoni una collaborazione che portò la loro impresa al vertice del successo con la produzione del cioccolato, fino all’invenzione del bacio Perugina e di altri fortunati prodotti ancora oggi consumati. Da una sua intuizione i figli crearono in seguito il famoso marchio della moda che porta il suo nome. Con la sua attività “ha anticipato di mezzo secolo l’inserimento delle donne nell’attività lavorativa industriale italiana”, riconoscendo loro un salario non inferire agli uomini e il congedo di maternità retribuito in anticipo sui tempi.
Di queste “donne caparbie” si potrà parlare e discutere insieme all’autrice Maura Zamola giovedì 26 gennaio nella Sala Accoglienza della Nuova Biblioteca Luigi Fumi dalle ore 17.00 alle 19.00, in un incontro a cura del filo di Eloisa. Associazione culturale Eloisa Manciati, della Fidapa BPW Italy di Orvieto, della Nuova Biblioteca Luigi Fumi e con il patrocinio del Comune di Orvieto.