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L’informazione, arma anti-golpe in Brasile. Ora tocca alla politica

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Dal suo costernato ritorno a Brasilia, ieri sera, il presidente Lula da Silva è alle prese con le negligenze e i tradimenti che hanno reso possibile l’assalto dello squadrismo bolzonarista ai palazzi della democrazia. Una vicenda con importanti aspetti da chiarire, per giungere a precisare le responsabilità certamente numerose tra la truppa dei facinorosi, i loro organizzatori e fiancheggiatori visibili e occulti. Il tentato golpe, sebbene non privo di aspetti sgangherati e talora perfino surreali che ne rilevano la natura disperata (senza che questa circostanza costituisca la benchè minima attenuante), è di una gravità senza precedenti. “Sottovalutarli equivarrebbe a un alto tradimento”, scrive O Estado di San Paolo, il quotidiano storico della grande borghesia brasiliana degli affari (non l’organo del Partido dos Trabahadores fondato oltre 40 anni fa da Lula), invitando il capo dello stato a comminare “castighi esemplari”.

Il ruolo della grande informazione in una congiuntura esiziale non solo per il Brasile (è ben evidente ormai che pulsioni anarco-autoritarie -e se questa congiunzione può suonare contraddittoria è solo perché tale si presenta la realtà, ancorchè momentanea- sono sia pure in diversa misura presenti nell’intero Occidente), è stato da grande protagonista: pronto e fedele guardiano delle libertà democratiche. La Rede TV Globo è stata la prima a rendersi conto che quei gruppi di bolzonaristi in movimento fin dalla notte nella periferia di Brasilia, muovevano sebbene in forme erratiche verso la zona monumentale della città: cioè verso il Congresso. Ci sono state consultazioni a livello di direzione e fin dalle prime ore del giorno Globo ha cominciato a trasmettere in diretta, senza pausa, mostrando con varie squadre di cineoperatori e giornalisti le incursioni sempre più intense e devastanti degli estremisti di Bolsonaro. E la passività quando non l’acquiescenza della polizia che avrebbe dovuto arrestarli.

In questo mondo apparentemente alla rovescia, vale la pena ricordare le origini della Rede Globo, poiché rappresenta un aspetto nient’affatto minore della formazione culturale di una certa grande borghesia brasiliana, delle sue ambiguità, opportunismi e cinismi, così come del suo spirito liberale e umanitario. Il suo proprietario storico è stato Roberto Marinho, che dai primi anni Sessanta del secolo scorso, in piena epoca analogica, ne fece la prima, potente televisione commerciale del Sudamerica. In gioventù Marinho aveva avuto interessi letterari e simpatie di sinistra (giovane tenente, aveva vissuto la ribellione che attraverso varie peripezie avrebbe dato origine alla storica Columna Prestes). Ma quando nel 1964 i militari di Castelo Branco diedero il golpe che avrebbe cambiato profondamente il Brasile, Marinho si adattò fulmineamente al nuovo potere. Probabilmente neppure lui intese che dalle caserme avrebbe dominato per oltre 20 anni, portando il paese a una guerra civile di bassa intensità e a una corruzione perfino maggiore di quella che dichiarava di voler combattere.

Marinho, in associazione con il gruppo statunitense TIME-Life, accrebbe ulteriormente la sua attività, diventando un imprenditore tra i più noti e un ambito bersaglio del nuovo sistema per i molti che lo combattevano, anche con le armi alla mano. Erano tempi rischiosi per tutti: le carceri colme di detenuti politici, comune la pratica della tortura. Dopo l’Acta Institucional n.5 che nel dicembre 1969 rese ancor più feroce la dittatura, solo TV Globo di tanto in tanto sfuggiva alle maglie della censura e creava qualche disappunto al regime militare. Nessuno, però, poteva anche soltanto fantasticare che proprio Mourinho nascondeva in casa qualche sovversivo ricercato dalle squadracce militari. Lo ha raccontato, molti anni più tardi, a Dittatura scomparsa, lo scrittore Jorge Amado, a quei tempi militante di rango del Partido Comunista do Brasil. E lui stesso mi ha detto (senza farne il nome: “non ne ho il diritto, solo i diretti interessati possono rivelarsi, quando vorranno…”), di aver convissuto per settimane con qualche compagno importante nella lussuosa villa di Marinho a Rio, sulla collina di Santa Teresa.

Roberto Marinho è morto quasi centenario nel 2003 e la sua famiglia controlla ormai solo in parte la Rede Globo, che tuttavia ha mantenuto vivo un certo spirito di servizio, posto ieri interamente a disposizione dei cittadini-utenti di tutto il Brasile. Il folto gruppo di giornalisti e commentatori formato tempestivamente dall’emittente hanno spiegato per molte ore la pericolosità di quanto stava accadendo nell’inerzia delle autorità di Brasilia. Il paese è stato aggiornato in tempo reale sulla sequenza di avvenimenti che hanno minacciato e sfregiato la legalità costituzionale, in nome di violente e confuse contestazioni che abbandonate a se stesse avrebbero potuto generare reazioni uguali e contrarie. Pochi giorni prima, il primo gennaio, una folla di 300mila persone aveva partecipato -acclamandolo- all’insediamento del presidente Lula. Quasi tutti i giornali oggi lo rilevano, con un sospiro di sollievo.

Il Brasile si è posto al lavoro per ritrovare se stesso nella legittimità e in quella riunione dei sentimenti popolari auspicata e praticata da Lula fin dal momento in cui è entrato per la terza volta nel Palacio da Alvorada, devastato ieri dai bolzonaristi. Dovranno essere chiariti e resi noti a tutti quali interessi hanno agitato in termini anomali la Borsa di San Paolo nei giorni del passaggio dei poteri da Bolzonaro a Lula e chi ne ha incassato i profitti multimilionari. La polizia militare (cosi viene denominata in Brasile quella che in Italia è la Polizia di stato), coadiuvata da automezzi dell’esercito, ha finalmente sgombrato il grande accampamento che i golpisti avevano allestito davanti al comando generale dell’esercito alla periferia di Brasilia. Gli arrestati tra gli scontri di ieri e i tafferugli di oggi sommano ufficialmente a circa mille200. Sono stati smantellate in totale 34 concentrazioni create dagli estremisti negli ultimi 40/50 giorni in varie zone urbane del paese.

Più lunga e complicata sarà l’opera di sutura delle ferite ravvivate per ultimo ieri al Brasile, alle sue istituzioni, alla sua convivenza quotidiana, alla pace nazionale indispensabile per recuperare la crisi culturale ed economica, l’isolamento internazionale in cui lo ha lasciato il governo di Jair Bolzonaro. Lula, concedendosi a un certo sentimentalismo popolare, aveva promesso di governare “con amore”. Oggi ha detto che lo farà nel rispetto di tutti, ma a cominciare dal rispetto delle leggi. Sostituirà vari funzionari di vertice, a Brasilia immediatamente. Ma nessuna “caccia al bolzonarista”; e lo stesso ex presidente fuggiasco (che a ogni buon conto si è fatto ricoverare in un ospedale di Orlando, Florida), avrà un giudizio equo e pubblico: certamente politico; penale solo se verranno accertate sue precise e concrete responsabilità. Nei frequenti colloqui intrattenuti oggi con il neo-governatore di San Paolo, Tarcisio de Freitas, Lula ha concordato nell’opportunità di usare la trattativa e il convincimento per ricondurre il bolzonarismo legittimo al rispetto assoluto della convivenza democratica.

Livio Zanotti

 

 

 


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