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Gianluca Vialli, i veri campioni sono campioni di tutti

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Gambe veloci, testa piena di ricci. E’ il primo ricordo di Gianluca. Anni ’80, maglia grigiorossa della Cremonese. Lui era davvero una promessa. Lo capimmo in tanti. Anche il giovane cronista che muoveva i suoi primi passi in Tutto il calcio minuto per minuto.
Come i grandi campioni del passato anche Gianluca Vialli ha iniziato dall’oratorio. Il debito del calcio italiano nei confronti delle parrocchie e dei preti che, in cambio di qualche messa in più, aprivano le porte del campetto è inestinguibile. Almeno fino alla generazione di Vialli. Poi sono apparse le scuole calcio. E chissà che il declino tecnico dei nostri tempi non derivi anche da questo profondo mutamento. Nei campi dell’oratorio i ragazzini erano liberi di esprimersi, di tenere la palla, di tentare dribbling e gol impossibili. La tattica era secondaria. Prevaleva la libertà e la gioia di giocare. Quella gioia che poi Vialli ha portato con sé per tutta la vita. Regalandola a chi andava a vederlo.
Con la maglia blucerchiata il primo scudetto, alleato un tecnico intelligente come Boskov che lasciava ai suoi talenti, appunto, la libertà di giocare, sia pure con gli inevitabili accorgimenti tattici. E alleato quello che diventerà il suo miglior amico: Roberto Mancini.
Uno scudetto non banale quello di Genova. Facile vincere a Milano o Torino. Altra cosa è riuscirci altrove.
E poi il trionfo europeo nella notte del 22 maggio del 96 in un Olimpico di Roma ebbro di gioia. Quella Coppa dei Campioni finalmente alzata verso il cielo con la Juventus dopo la delusione in maglia blucerchiata.
Fino all’abbraccio passato alla storia, a Wembley, con Roberto Mancini CT della nazionale. Un abbraccio denso di significati: felicità, amicizia e riscatto. Un riscatto per ciò che la maglia azzurra non gli aveva permesso di vincere da giocatore, lui che lo avrebbe meritato più di molti altri. Anche ad Italia 90, con quella splendida ma poco fortunata squadra allestita da Vicini.
In quell’abbraccio c’era di più: c’era anche la consapevolezza di vivere il tratto più difficile della sua esistenza. Quello finale.
Vialli non è stato mai banale. Non lo è stato in campo, non lo è stato fuori dal campo, in un mondo come quello del calcio nel quale la banalità è sempre in agguato. Non era scontato. Risposte intelligenti, analisi intelligenti, sguardi intelligenti. Intervistarlo era un piacere. E lui non si sottraeva e soprattutto concedeva sorrisi.
Ti abbiamo voluto bene. Ti hanno voluto bene tutti i tifosi, quelli per i quali hai difeso i colori e quelli che ti hanno affrontato da avversario. Solo i grandi campioni riescono ad esserlo per tutti.
Gianluca Vialli è stato il campione di tutti. Ora ne abbiamo la conferma.
(Foto Rainews)


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