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Informazione tv sempre più omologata a chi governa

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Per essere corretta l’informazione deve permettere al lettore o al telespettatore di capire come la pensa il giornalista autore dell’articolo o del servizio tv. Oggi sentire un giornalista di un tg esprimere un’opinione, in particolare su fatti di politica, è molto raro. Tra le tv generaliste l’unico tg che si distingue è quello di La 7. Nelle reti Mediaset il commento è a senso unico: sempre a favore del padrone. In Rai visto un tg visti tutti, sempre più omologati a chi governa, alla faccia della par condicio e agli organi di garanzia. “L’editore di riferimento”, l’affermazione di Bruno Vespa che tanto scandalo fece per un’intervista sottobraccio con Forlani nel giorno in cui fu confermato a capo della segreteria DC, oggi passerebbe inosservata. Il “sarto” di “Porta a porta” ha recentemente festeggiato i sessant’anni di tv. Dopo aver sostituito Forlani con Berlusconi per un ventennio, è sempre pronto a fare “vestitini su misura” ai politici, come disse al portavoce di Gianfranco Fini che gli comunicava che il presidente di AN non avrebbe partecipato alla sua trasmissione. Nel frattempo la platea di giornalisti e dirigenti della Rai che hanno “l’editore di rifermento” si è molto allargata, aiuta nella carriera.

Siamo in attesa di capire chi saranno i candidati della premier Meloni a dirigere la Rai, costretta a mordere il freno a causa di una legge che prevede che l’attuale cda e ad vadano a scadenza naturale salvo dimissioni. In tanto, come accade ad ogni cambio di maggioranza, di destra o di sinistra poco importa, gli attuali reggenti si sono riposizionati nell’illusione di essere o confermati o di ricevere un’altra nomina di primo piano. Nonostante la Rai sia stata nel 2022 ancora prima negli ascolti, con poco più del 30% di share (media nella giornata) distanziando Mediaset di oltre 5 punti,  il servizio pubblico sta attraversando un periodo di decadenza in particolare nelle reti generaliste, al di là dei numeri, lo si vede da ciò che sta andando in onda: decadenza nelle idee e tanta volgarità. Nonostante le promesse di cambiamento e di valorizzazione delle risorse interne, la maggior parte dei programmi sono realizzati da produzioni esterne. L’offerta tv è talmente varia che una fetta consistente dei telespettatori (circa il 40%), ha abbandonato la tv generalista per il satellite e l’offerta in streaming.    

Cosa porterà il 2023? Da quando Berlusconi ha messo le mani sulla Rai ci siamo abituati che al peggio non c’è limite. Come diceva il saggio: “la tv va fatta da chi sa fare la tv”.  Più passa il tempo i nominati dalla politica ricordano sempre più il romanzo di Michael Hende: “La storia infinita”, ovvero il “nulla” che avanza. Fin quando non verrà fatta una nuova legge di sistema che renderà la Rai indipendente dalla politica nulla cambierà perché, nonostante la diffusione di Internet e l’avvento dei social, lì nasce il consenso. Quindi continueremo ad assistere alla manipolazione dell’informazione, alla notizia negata. In Rai lavorano fior fiore di professionisti grazie ai quali, vi sono ancora aree di eccellenza come RaiPlay, RadioRai, Rai 5, Rai Storia, le trasmissioni di Alberto Angela, di Corrado Augias, “Report” di Sigfrido Ranucci, “Il Cavallo e la Torre” di Marco Damilano, un piccolo, grande programma di Paola Severini Melograni “O anche no” in onda su Rai3 la domenica alle 10,25 in replica il lunedì in terza serata, per il tema che affronta: la disabilità, per come lo affronta, per il linguaggio corretto che usa, per la competenza degli ospiti, giunto alla seconda edizione nonostante un budget che è nettamente inferiore a quello di un medio programma e che sta, puntata per puntata, guadagnando l’attenzione del pubblico.

Alla tenacia di Paola Severini Melograni dobbiamo la partecipazione al “Festival di Sanremo” del compositore e pianista Ezio Bosso già affetto da neuropatia motoria (record di ascolto), e del gruppo musicale formato da artisti disabili “Ladri di carrozzelle”, che partecipano anche a “O anche no”. E’ grazie al programma di Paola che ho capito che se si hanno le conoscenze culturali e la giusta proprietà di linguaggio con giovani disabili si può affrontare qualsiasi argomento della loro vita, fino a fare ironia sulla stessa disabilità. Ciò può essere da aiuto per abbattere il muro del pregiudizio. “O anche no” mi ha fatto capire anche quanta ignoranza c’è sull’argomento all’interno dei media e il danno che possono fare certi personaggi, soprattutto se famosi e con grande seguito, quando affrontano il tema della disabilità con superficialità, come è accaduto con il reper e conduttore tv Fedez che nel suo podcast “Muschio Selvaggio”, realizzato con lo youtuber Luis Sal, ne ha parlato con Emanuel Cosmin Stoica affetto da Sma, una malattia che gli ha procurato atrofia muscolare spinale e che a soli 23 anni lo obbliga a stare su una carrozzella. Il podcast di Fedez è pieno banalità, un tentativo maldestro di ironizzare sulla disabilità con il risultato di ridicolizzarla. Un esempio di battuta: “Uno che non è bravo in matematica è diversamente abile”. Il fondo lo si è toccato con il tema della sessualità, in particolare sull’importanza dell’assistente sessuale, uno psicologo che aiuta le persone disabili a guidare le proprie pulsioni sessuali e non “una escort pagata dallo stato” come è stato ironicamente definito nel podcast. Mi spiace per Fedez, lo consideravo “cresciuto” dopo la malattia, invece ha dimostrato quanto è  ignorante (incolto, incompetente, inesperto), sicuramente lo ha fatto in buona fede, ma essere famoso con tanto seguito non è sufficiente per affrontare temi sociali, lo dovrebbe fare chi è padrone del giusto linguaggio e chi ha ricevuto una specifica formazione, il rischio è quello di produrre solo danni. Sulla disabilità c’è tanta ignoranza e insensibilità, il programma di Paola Severini Melograni ci educa e ci dà gli strumenti per relazionarci con chi è disabile, per questo lo dobbiamo considerare come un esempio, ben riuscito, di servizio pubblico.


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