La creazione, lo scorso anno, dell’European contact group on search and rescue da parte della Commissione europea rappresenta, dopo tanti anni di dialogo con la Commissione stessa, uno straordinario risultato da parte dei difensori dei diritti umani di EveryOne Group. Fino al 2020, ci rispondevano che il nuovo organismo da noi perorato (che poi invece è nato nell’àmbito del Patto sulla migrazione e l’asilo) non aveva alcuna utilità, ribadendo ogni volta come le procedure europee di soccorso in mare, affidate a Frontex, fossero più che sufficienti. Da parte nostra, abbiamo posto in rilievo un dato, che la Commissione non ha potuto ignorare. Nonostante Frontex, le morti di migranti e profughi in mare, avvenivano sempre nella percentuale del 3%, rispetto al numero di persone imbarcatesi. Così, ecco il progetto del Gruppo di contatto europeo per la ricerca e il salvataggio. Dalla primavera del 2021 il gruppo si è formato e ha iniziato a operare nel Mediterraneo, dove tuttavia la percentuale delle vittime non accenna a diminuire ed è sempre del 3%. Ed ecco che abbiamo chiesto alla Commissione l’adozione di procedure più efficaci, fra le quali abbiamo consigliato un servizio di droni di pattugliamento automatico (a gestione informatica) dei tratti di mare definiti “rotte dei migranti” ed eventualmente l’installazione di piattaforme galleggianti di sicurezza, in cui i migranti in difficoltà possano trovare giubbotti-salvagente, acqua, cibo, medicine di prima necessità, vestiti asciutti, capi di abbigliamento pesanti, pannolini e la possibilità di contattare Ong e l’autorità marittima. La Commissione ci risponde nuovamente, ma la nostra azione sarà ancora, verosimilmente lunga, perché chi si occupa di salvataggio in mare non ha a tutt’oggi deciso di pianificare un servizio capace di salvare vite in pericolo e non solo di compiacere i governi interessati dall’approdo di barche e barconi “della speranza”.
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