Nel giorno dei funerali celebrati in onore della scomparsa “signora della scienza” Rita Levi Montalcini, noi vogliamo ricordarla con questa vecchia ( ma attuale) intervista realizzata da Nella Condorelli, in occasione del 25 aprile del 2008 e pubblicata su questo stesso sito, dal titolo: ” Il mio 25 aprile, e ai giovani dico che…”
Il mio 25 aprile, e ai giovani dico che…
di Nella Condorelli
Aveva ventinove anni, Rita Levi Montalcini, una laurea in medicina e gia’
quasi dieci anni di ricerca sul sistema nervoso, presso la scuola medica
dell’istologo Giuseppe Levi a Torino, quando le leggi razziali emanate dal
regime fascista la costrinsero, lei ebrea sefardita, a lasciare tutto, e
ad emigrare lontano.
Va in Belgio, a Bruxelles, e qui sempre con Giuseppe Levi mette su’ un
piccolo laboratorio casalingo. E’ il 1938. Rita continua cosi’, nella
diaspora piu’ tragica e simbolica della condizione umana nella storia
contemporanea, quella ricerca scientifica che cinquantanni dopo, nel 1986,
la portera’ al premio Nobel per la Medicina. A lei, una delle prime donne
scienziate del Novecento europeo, si deve la scoperta del fattore di
crescita nervoso NGF, la molecola proteica che gioca un ruolo essenziale
nella crescita e nella differenziazione delle cellule sensoriali e
simpatiche del nostro sistema nervoso. Era il 1951.
Oggi la Premio Nobel e senatrice a vita Rita Levi Montalcini – la nomino’
il 1 agosto del 2001 l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi -, ha 99 anni, appena compiuti.
Il suo ritmo di partecipazione alla vita politica e sociale, alla
comunita’ scientifica, non e’ mutato di un centimetro, forse solo la voce
si e’ fatta un po’ piu’ flebile.
Continua il suo impegno a favore dei diritti delle donne, sua per esempio
l’idea di conferire borse di studio a giovani studentesse universitarie
africane per favorire la leadership femminile scientifica dei loro Paesi,
uno dei progetti piu’ importanti della Fondazione Levi Montalcini, creata
nel 1992 con la sorella Paola e dedicata alla memoria del padre.
Continua lo studio sulle conseguenze delle guerre e dei conflitti nello
sfruttamento delle risorse ambientali, con particolare riferimento alle
risorse idriche, che anima l’attivita’ della sezione italiana della Green
Cross International, ong riconosciuta dalla Nazioni Unite, presideduta da
Mikhail Gorbaciov.
Continua l’impegno istituzionale: il 29 aprile, Rita presiedera’ al Senato
la seduta di insediamento del nuovo ramo del Parlamento.
Ma, se si cerca di indovinare qual’e’ la prima cosa cui pensa ogni
mattina, si capisce subito che in cima a tutto c’e’, sempre e soltanto, la
ricerca scientifica. C’e’ il laboratorio casalingo di Bruxelles dove,
giovane profuga ebrea in quel 1938 delle italiche leggi razziali fasciste,
inizio’ a studiare il sistema nervoso dei vertebrati; c’e’ il laboratorio
della casa sulle colline di Asti, dove si trovava il 25 aprile del 1945,
la Giornata che con la Liberazione di Milano e del nord Italia segna la
fine dell’occupazione nazista del nostro Paese. La fine della sciagurata
avventura ideologica e bellica di Mussolini.
Fuor di retorica, in questo 25 aprile 2008, il pensiero
dell’intervistatrice davanti alla senatrice Rita Levi Montalcini va
proprio a quella mattina del 1945. Va ai martiri ebrei della Shoah, ai
lager, alle lunghe file di baracche,alle fosse comuni, alle camere a gas
che l’arrivo dell’esercito sovietico ad Aushwitz avrebbe rivelato per
primo al mondo. Va a prigionieri politici, italiani, inglesi polacchi,
russi, francesi, americani.., agli omosessuali, ai rom, agli zingari, che
vi trovarono anch’essi la morte. Va all’intolleranza che genera e nutre
ogni orrore.Al significato della Memoria nell’odierna societa’
dell’informazione.
Senatrice, che cosa provo’ quel 25 aprile di sessantatre’ anni fa, quali
pensieri alla notizia che la lotta partigiana aveva liberato Milano, e con
essa il suolo italiano dall’esercito nazista?
”Ricordo bene il 25 aprile del 1945, la Liberazione, ricordo la mia
emozione, l’esaltazione. Per me, significava la fine di un periodo oscuro:
passavamo da un regime totalitario ad un sistema democratico. Provavo
sentimenti che si sommavano uno sull’altro, emozione, gioia, soprattutto
una straordinaria gioia. Cessavano finalmente anni di persecuzione
nazifascista contro gli ebrei, considerati “razza inferiore”. Nella
comunita’ scientifica europea, molti di noi, anche Albert Einstein, e non
solo io, avevamo dovuto subire questo peso assurdo, essere considerati
“razza inferiore”. Adesso la fine del regime fascista e delle leggi
razziali ce ne liberava: non sarebbero piu’ esistite le razze ma solo i
razzisti.”.
Senatrice, nuove e vecchie intolleranze esplodono oggi in Italia e in
Europa, tornano a galla simboli e slogan antidemocratici che credevamo
seppelliti per sempre. Il fenomeno colpisce i piu’ giovani. Come
parlargli, su cosa dovrebbe riflettere l’azione politica rivolta a loro?
“Oggi nella societa’ italiana, come in quella europea, ci sono due
componenti, quella che riconosce l‘enorme vantaggio della pratica
democratica, e quella che non vuole riconoscerlo. E’ chiaro che i giovani
sono i piu’ vulnerabili, i piu’ sensibili, quelli piu’ esposti. A loro
dunque dico: riconoscete la differenza che passa tra la pratica
democratica e quella totalitaria, riconoscete il suo vantaggio, guardando
alle sue conseguenze.
La celebrazione del 25 aprile e’ estremamente importante perche’ ogni anno
ci rammenta quanto dobbiamo apprezzare i vantaggi della nostra
Costituzione, nata da quella lotta di Liberazione dal regime
totalitario.Credo che un’azione efficace rivolta ai giovani debba
innanzitutto tenere in conto questo, partendo dalle loro esigenze, dai
loro linguaggi. Per quanto mi riguarda, nell’attualita’ politica,
riconosco questo vantaggio al percorso del partito Democratico, dagli
uomini e dalle donne del governo di Romano Prodi a Walter Veltroni. A
tutti, va oggi la mia stima e il mio affetto.